Va in scena “Io non c’ero ma ero lì” per le vittime del Mediterraneo
Lo spettacolo di MaMiMò e Collettivo Migrado al Piccolo Orologio
Reggio Emilia Ha viaggiato per migliaia di chilometri, cucita nel giubbotto come orgoglioso biglietto di ingresso, silenzioso riscatto in carta e parole. Ha affrontato il mare in tempesta, custodendo sogni e tracce di un futuro negato. Ha riposato, infine, sul fondo del mare per quasi un anno.
La storia della pagella del giovanissimo ragazzo proveniente dal Mali, naufragato insieme ad altri mille migranti il 18 aprile del 2015, ha fatto il giro del mondo. Della sua vicenda si trova traccia nel libro “Naufraghi senza volto”, della patologa Cristina Cattaneo, che cerca con il suo lavoro di restituire un’identità alle troppe vittime di questi viaggi disperati e che per prima ha trovato questa pagella.
Proprio dalla lettura di questo volume è nato un progetto artistico, poi concretizzatosi in spettacolo teatrale per corpo, voce e musica: è “Io non c’ero ma ero lì”, prodotto da Centro Teatrale MaMiMò e Collettivo Migrado, compagnia nata dall’incontro tra Massimo Ghiacci e Davide Morandi (storico bassista e voce dei Modena City Ramblers) con Marco V.Ambrosi e Fabrizio Cariati dell’ensemble Nuju. La pièce sarà in scena questa sera (ore 21) al Teatro Piccolo Orologio in via Massenet 23.
Diretto dal regista Paolo Bruini, scritto e interpretato in parole e musica da Marco V. Ambrosi, Fabrizio Cariati, Massimo Ghiacci e Davide “Dudu” Morandi, lo spettacolo si arricchisce del contributo artistico e grafico del visual artist Lorenzo Menini, della cura del suono ad opera di Gabriele Riccioni, della voce di Lara Sassi e della supervisione e partecipazione del primo spettatore, Luca Cattani.
Quattro testimoni, immortali ma non divini, sono inviati dalla Creatrice a giudicare l’Umanità: Maestrale (il pagano), Grecale (il filosofo), Scirocco (l’animista) e Libeccio (il pragmatico). Al centro c’è un libro. Tra una canzone e l’altra, un dialogo e l’altro, una immagine e un’altra ancora, il libro cambia pagina e illustra le parole, evoca i ricordi. I Quattro leggono, poi riflettono, profondamente e intimamente, si immedesimano negli umani viaggiatori e partecipano al viaggio. Alla fine, sapranno guardare all’Umanità con sguardo benevolo e comprensivo? Quale valore avrà per loro il racconto del viaggio intrapreso? I vivi procedono nel cammino lasciando le proprie tracce, ma sono i morti che parlano, i cadaveri che raccontano i viaggi e le strade percorse. Lo spettacolo vuole essere testimone delle storie dei naufraghi che sono partiti dalla loro terra, cercando fortuna al di là del mare.
«Pensando a questo tipo di storie – si legge nelle note di regia, – abbiamo iniziato a pensare a un certo tipo di canzoni, musica e testi che trattassero il tema delle migrazioni al di qua della retorica e al di là dell’ipocrita propaganda di chi su questo tema consolida opportunità politiche». Prosegue il Collettivo: «Forse questa è la giusta modalità per raccontare una tragedia come quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013 e tutte le successive, fino all’ultima di Cutro, un anno fa, per restare alla triste contabilità delle cronache italiane più disattente. Tutti sappiamo, tutti vediamo, ma la pietà per le vittime, a tragedia finita, cosa lascia nei sentimenti di noi osservatori privilegiati? Seduti intorno al fuoco si narrano storie, diventate narrazione e memoria danno forma a questo spettacolo, da guardare e ascoltare con il cuore». l