Gazzetta di Reggio

Venerdì 13 e sabato 14 dicembre

Neri Marcorè è Sherlock Holmes: «Il pubblico di certo non si annoierà»

Giulia Bassi
Neri Marcorè è Sherlock Holmes: «Il pubblico di certo non si annoierà»

Intervista all’attore in scena teatro Valli con il leggendario musical

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Reggio Emilia «Interpreto uno Sherlock che ovviamente rispetta tutte le caratteristiche del personaggio ideato da Conan Doyle perché applica all’osservazione la deduzione per risolvere diciamo gli enigmi, i casi più o meno complicati che gli si trovano davanti: quindi questa caratteristica non può essere diversa dalla matrice», spiega Neri Marcorè che vedremo nei panni di Sherlock Holmes, nell’omonimo musical al Teatro Valli in programma venerdì 13 dicembre (ore 20.30) con repliche sabato 14 dicembre alle 15.30 e alle 20.30, e ancora domenica alle 15.30). «Pur rispettando queste caratteristiche – prosegue Marcorè – il mio Sherlock è sicuramente più addolcito per quegli aspetti che lo rendono a volte scontroso quando un caso non lo interessa e quando pensa che la gente gli faccia perdere tempo. Sicuramente c'è anche il mio humor che confluisce in un personaggio comunque ironico, specialmente nel rapporto con Watson che nel musical è anche fonte di parecchie risate come abbiamo già potuto sperimentare nelle varie rappresentazioni fatte fino ad ora».

Neri Marcorè, come è nata l'idea di questo soggetto fuori dai canoni?
«Sono stati i produttori Andrea Cecchi e Alessio Fusi, poi si è sviluppato un copione e poi è nata la ricerca di chi potesse interpretare Sherlock. L’hanno chiesto a me... da quel che mi dicono ero la loro prima scelta e hanno trovato comunque la mia curiosità, il mio interesse. Per cui tombola».
Come l’ha accolto il pubblico?
«Rispetto agli impegni presi che risalgono ai tempi del Covid, abbiamo debuttato in ritardo ma adesso siamo tutti contenti anche perché appunto in queste prime rappresentazioni abbiamo notato che il pubblico apprezza e arriva numeroso in teatro e va via contento».

Neri ed il genere musical: immagino che si colleghi agli spettacoli musicali fatti fino ad ora...
«Il musical in quanto tale con tantissime persone, non l’avevo mai sperimentato però, effettivamente, canto da tantissimo: è dal 2007 che ho cominciato negli spettacoli teatrali come Un certo signor G e da allora - aggiungendo pure i concerti con le mie varie formazioni musicali - non ho mai smesso. Tale esperienza mi ha agevolato nell’affrontare un tipo di canto leggermente diverso - questo che richiede il musical - rispetto a come si può suonare con una band dal vivo, perché qua il canto si sviluppa su delle basi e si lega ai dialoghi parlati».

Caratteri, colori, atmosfere di questo Sherlok...
«Il musical è sicuramente giocoso. Nonostante la Londra fumosa e grigia che è nello sfondo i 12 ballerini - che sono anche attori- in scena comunicano vita ed energia. Poi c'è tutta la vicenda del giallo da risolvere, di un assassinio che viene commesso all'inizio, al quale però è legato un attentato alla regina da sventare. È parecchio composito come spettacolo, come d'altronde si confà ai musical, e credo che il pubblico non si annoi».

Perché al pubblico piace tanto il musical?
«Non lo so... io non sono tra quelli che amano il musical come genere in maniera forsennata, però è indubbio che sia un tipo di spettacolo coinvolgente. Si resta comunque affascinati dalla potenza di fuoco, metaforicamente parlando, di un gruppo di artisti ben nutrito che sta sul palco. Poi ci sono i movimenti scenici, le coreografie, la storia da seguire: quindi è una forma di spettacolo composta da altre micro-categorie e il tutto è molto divertente da vedere. Al di là di chi lo ama - tanto da metterlo lo metta in testa a qualsiasi altra forma di rappresentazione dal vivo - e chi, come me lo fa scalare di qualche posizione, è indubbio che sia un genere di spettacolo non banale per il tipo di lavoro che richiede, dal momento che bisogna scomporlo nelle sue diverse parti ognuna delle quali va curata nel minimo dettaglio».l © RIPRODUZIONE RISERVATA