Riccardo Zanellato torna nei panni di Mosè al teatro Valli
Reggio Emilia, il basso in scena venerdì sera per l’opera di Rossini “Mosè in Egitto”
Reggio Emilia «Dal 2011, quando l’ho ricoperto per la prima volta al Festival Rossini Pesaro nella discussa produzione del 2011, per la regia di Graham Vick, il ruolo di Mosè lo riprendo ora al Teatro Valli dove ritorno con grandissimo piacere».
A parlare è Riccardo Zanellato, una delle più belle voci italiane di basso da trent’anni in carriera: timbro vellutato, caldo, morbido elegante.
Zanellato è il protagonista, nel ruolo del titolo, del Mosé in Egitto, opera seria di Gioachino Rossini che apre la stagione di opera questa sera (ore 20) con replica domenica alle 15.30 al Valli. Giovanni Di Stefano dirige l’Orchestra Filarmonica Italiana per la regia di Pier Francesco Maestrini.
«Per quanto riguarda la tessitura – spiega Zanellato – il ruolo è molto arduo perché presenta la nota più grave, è veramente una nota molto bassa, ma presenta anche una nota molto acuta... Insomma, la tessitura della linea di canto è estrema sia da una parte che dall'altra; inoltre, nel finale dell'opera, prima della preghiera -Dal tuo stellato soglio il momento più struggente e solenne - è tutto scritto in una posizione scomoda: questo per dare più forza al carattere drammatico di quello che sta avvenendo.»
Un ruolo quello di Mosè di grande impegno...
«Ma anche di molta soddisfazione e che io accosto al personaggio di Zaccaria, il sacerdote del Nabucco di Verdi. Zaccaria è il ruolo che ho cantato maggiormente in trent’anni di carriera avendolo affrontato più di 100 volte e, a seguire, Fiesco in Simon Boccanegra. Mosè e Zaccaria possono essere considerati “gemelli” per il discorso della tessitura ampia dal molto grave all’acuto. Entrambi sono personaggi che guidano cercando di portarlo in salvo».
L’interesse è anche legato alla scrittura rossiniana.
«Quest’opera presenta delle pagine stratosferiche che nulla hanno a che fare con il “solito” Rossini del repertorio buffo. Qui si rimane affascinati e sorpresi dalla grandezza di questo autore che è stato il maestro di tanti compositori successivi, proprio per il genere serio».
Dalla produzione di Pesaro sono passati 13 anni. Cos’è cambiato nella sua interpretazione?
«C'è ovviamente un cambiamento, una maturità vocale, ma anche interpretativa. In quell'occasione, avevamo lavorato molto sulla figura del protagonista che aveva una lunga barba scura e un giubbotto militare ed era simile al re-del-terrore-Bin-Laden... e non era una coincidenza. Per altro, durante la preghiera del finale, cantavo con un kalashnikov in mano. Questa di Maestrini è una interpretazione più tradizionale, anche se Mosè resta un personaggio dal carattere forte anche perché manda delle importanti invettive. Non scordiamoci che l’episodio delle piaghe d’Egitto è ad alta temperatura drammatica e Rossini non tira indietro. Si parla di morte dei figli primogeniti e poi il finale, quando si aprono le acque del Mar Rosso. La figura di Mosè non è così docile e morbida e viene messo continuamente alla prova. Per quanto mi riguarda, da quella prima volta, con il passare degli anni questo l’ho compreso sempre di più e cerco di renderlo attraverso la mia interpretazione che deve essere “nervosa”, energica, carica».
Com’è lo spettacolo?
«Rispetto a quella versione di Vick è molto più tradizionale dal punto di vista interpretativo e scenico, ma è molto efficace per l’utilizzo delle proiezioni che danno allo spettacolo un incedere cinematografico. Tra l’altro, è stata adottata una versione in cui viene inclusa un’aria di Mosè composta da un allievo di Rossini: questo si giustifica dal momento che in tutta l’opera il protagonista non ha un’aria vera e propria».
L’ultima volta al Teatro Valli quando è stato?
«Tanto tempo fa oramai. Troppo. Credo più di vent’anni. Avevo cantato Maria Stuarda con Carmela Remigio e la vostra Sonia Ganassi, bravissima. Mi ricordo un teatro vivo, stupendo e delle maestranze bravissime».
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