Gazzetta di Reggio

Fino al 16 febbraio

Collezione Maramotti, in mostra la collettiva “Attraverso i diluvi”

Collezione Maramotti, in mostra la collettiva “Attraverso i diluvi”

Nell’ex fabbrica di Max Mara cinquanta opere dal XII secolo a.C. al 2024

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Reggio Emilia La Collezione Maramotti ospita fino al 16 febbraio due nuove mostre: la collettiva “Attraverso i diluvi” e “Deadweight”, personale di Dominique White. “Attraverso i diluvi” è un’ampia esposizione collettiva concepita a partire da opere dell’archivio della Collezione - molte delle quali mai esposte in questi spazi - sul tema della catastrofe accompagnate, per la prima volta, da capolavori di arte del passato in prestito da importanti istituzioni italiane e internazionali. Con oltre cinquanta opere dal XII sec. a.C. al 2024, la mostra si pone come sguardo asincrono sulle catastrofi dell’uomo e del mondo, evocando corrispondenze tra immagini appartenenti a epoche distanti tra loro, ma anche rivelando i mutamenti di sensibilità e di percezione dell’esperienza del disastro nel tempo. Apertura e conclusione del percorso di visita circolare è il maestoso dipinto di Filippo Palizzi Oltre il Diluvio (1864), originale raffigurazione di ciò che segue al Diluvio universale: in un aspro, affilato paesaggio appena liberato dalle acque, con l’arca arenata quasi tramutata in roccia, una esplosione di animali multicolori invade la tela, accompagnata dalla traccia di un arcobaleno.

COSA VEDERE
Diluvi, naufragi, inondazioni, esplosioni, uragani, incendi, guerre, epidemie, azioni violente e predatorie dell’uomo sulla natura: può un evento catastrofico configurarsi come punto di accesso a un nuovo scenario? Il rapporto con le esperienze catastrofiche, oggi, è sempre meno caratterizzato da tratti di eccezionalità. Favoriti da specifiche scelte politiche ed economiche e innescati da processi che si sviluppano anche nel lungo periodo, i disastri appaiono come avvenimenti sempre meno improvvisi e come presenze ricorrenti, quasi quotidiane nelle nostre vite. Allo stesso tempo il flusso costante delle informazioni sembra aver anestetizzato l’intensità della percezione: l’eccesso di visibilità, la dimensione mediatica della catastrofe rischiano di produrre una cecità dello sguardo, un’ampia quanto semplificata attitudine del pensiero.

In uno stato ordinario in cui l’equilibrio è sostituito da un incessante ripetersi di momenti distruttivi, in un presente in cui trascendenza e spiritualità appaiono perlopiù accantonate, può l’arte incoraggiare una resistenza, denunciare la normalizzazione dell’apatia, farsi portatrice di una rivelazione positiva? Perduti il timore e lo stupore di fronte a un evento straordinario, superati il senso del tragico e dell’orrore espressi con intensità dagli artisti nei secoli passati, con quali strumenti, con quali iconografie si esprime il sentire del disastro, della crisi, di un’apocalisse nell’arte del presente?

GLI ORARI

“Attraverso i diluvi” è articolata in diversi ambienti: dai cataclismi generati dalla natura e dai suoi elementi al travagliato rapporto dell’uomo con gli animali non umani, dalla violenza della guerra alla malattia, fino al suo tragico epilogo. L’ultima sala si pone come luogo di intima riflessione, abitato da opere “notturne” costellate di interrogativi. Il percorso si espande con collegamenti sui contenuti della mostra anche attraverso le sale del primo e del secondo piano della Collezione. La mostra è accompagnata da una pubblicazione con contributi dello storico della letteratura Andrea Cortellessa, del filosofo Federico Ferrari e dello storico dell’arte Riccardo Venturi. Tra gli autori in mostra Giulia Andreani (n. 1985), Agostino Arrivabene (n. 1967), Christopher Astley (n. 1965), Joan Banach (n. 1953). Ma anche Gaetano Chierici (1838-1920), Rinaldo Damiani (attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX Sec.), Filippo Palizzi (1818-1899), Mario Schifano (1934-1998). Orari: giovedì e venerdì 14.30/18.30; sabato e domenica 10.30/18.30.

DOVE
In via Fratelli Cervi 66 era originariamente situato lo stabilimento della casa di moda Max Mara, che aveva iniziato la sua attività nel 1951. L’edificio, commissionato nel 1957, fu progettato dagli architetti Antonio Pastorini ed Eugenio Salvarani e venne poi due volte ampliato dalla Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia nei successivi dieci anni. Si trattava di un disegno radicalmente innovativo per la sua epoca, incentrato com’era sulla piena valorizzazione di una ventilazione e di un’illuminazione naturali, con la collocazione degli elementi di servizio all’esterno del corpo centrale, allo scopo di creare uno spazio totalmente versatile. Nel 2003 l’azienda, che nel frattempo si era notevolmente ampliata, si trasferì in una nuova sede generale edificata alla periferia di Reggio Emilia e gli spazi dell’edificio originale vennero destinati a ospitare la collezione d’arte contemporanea del fondatore di Max Mara, Achille Maramotti. I primi due piani dell’edificio sono dedicati alla collezione permanente. Le gallerie sono ampiamente illuminate a giorno dalla vetrata perimetrica originale, coi gradi di esposizione solare e i livelli luminosi controllati dalla tettoia solare esterna installata negli anni Settanta e in seguito ristrutturata.
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