Gazzetta di Reggio

Il 7 maggio

Vinicio Capossela torna a Reggio: «Il fascismo non è una questione museale e storica»

Adriano Arati
Vinicio Capossela torna a Reggio: «Il fascismo non è una questione museale e storica»

Il musicista fa tappa con il suo tour il 7 maggio al Teatro Valli. «Ricordare la storia per non cedere ai revisionismi. La prima resistenza è a livello di coscienza»

23 aprile 2024
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Reggio Emilia Le urgenze e i temi eterni dell’uomo ancora una volta in dialogo, messi in scene «con i tasti che ci abbiamo». È un Vinicio Capossela che ha voglia di parlare di cronaca, di politica così come dell’arte inscalfibile dell’Ariosto, quello che ieri ha presentato le ultime tappe del tour teatrale partito nel 2023 per presentare il suo ultimo disco, “Tredici canzoni urgenti”. Affiancato dalla sua rodatissima band, Capossela tornerà anche a casa, al teatro Valli, dove si esibirà martedì 7 maggio alle 21. Lo spettacolo reggiano, a pochi chilometri dalla Scandiano in cui è cresciuto, sarà anticipato da un momento molto intrigante, una conversazione tra Capossela e lo scrittore Ermanno Cavazzoni incentrata su Ludovico Ariosto e sull’Orlando Furioso. Quell’Ariosto che a Reggio è presenza costante e che ha ispirato diversi pezzi del disco del 2023. «E rispetto a quando è uscito il disco, le cose non sono che peggiorate», fa notare amaro. Per restare in Italia, difficile non pensare alla “scomunica” ad Antonio Scurati e al suo testo sulla Resistenza dalla Rai.

«La gestione è stata talmente maldestra e goffa che fortunatamente ha dato ancora più rilievo», commenta. Una vicenda che ha come sfondo l’anniversario più diviso, il 25 aprile e la Liberazione dal fascismo, tema caro a Capossela. «Il fascismo non è una questione museale e storica, va benissimo ricordare la storia per non cedere ai revisionismi. Ma va ricordato che il fascismo è un modo di intendere il mondo che spesso passa dalla violenza. E cito Mussolini, che ricordava di non aver inventato il fascismo ma di averlo estratto dall’inconscio degli italiani, degli esseri umani. La resistenza è ciò che si oppone a questo pensiero, la prima resistenza è a livello di coscienza», riflette.

Parole lontane dalle classiche allegorie di Capossela. «Io mi sono sempre sottratto dalla dittatura attualità. L’attualità divora tutto, ed è un tema riguarda più ancora la politica che le canzoni: la politica dovrebbe essere una pratica per il futuro. Il disco parlava di canzoni urgenti? Urgenti come termini, sì, ma riguardano temi che non sono di stretta attualità e si rifanno a una dimensione più estesa. Parlare della crociata dei bambini usando le parole di Brecht è parlare delle tematiche dell’umano, delle forze che operano nel vivere sociale», spiega. In questo, «le canzoni aiutano, nel mio caso sono tutto quello che ho. La cultura cos’è? Intrattenimento, voglia di coinvolgere, le canzoni nascono da questo tentativo, e parlare dei “tasti che ci abbiamo” è una metafora del tentare di fare dei limiti una possibilità. Di stabilire noi il valore da dare alle cose, non solo accettare quello che viene dato», continua la riflessione.

Ogni tanto, quindi, ha senso andare nel terrigno. L’esempio è scandianese, e porta alle “Staffette in bicicletta”, la canzone alle donne partigiane ispirata dal cippo commemorativo di Fellegara: «Bisogna dare i nomi alle cose. I nomi di quelle persone sono un’allegoria di un’Italia che ha scelto da che parte stare».

Da Scandiano si passa a Reggio e all’amatissimo Ariosto, che verrà omaggiato sul palco e il giorno prima in dialogo con Ermanno Cavazzoni.

«Sono contentissimo dell’opportunità, è un dono che ho cercato di farmi, adoro Cavazzoni, in più è reggiano, oltre che un conoscitore profondissimo dei poemi cavallereschi, e ha fatto un bellissimo lavoro sulla follia, sul San Lazzaro. E l’incontro è pure gratuito», sorride.

«Ho incontrato Cavazzoni a Castelnovo Garfagnana, quando sono stato invitato per ricordare una pagina non tanto conosciuta, l’insediamento dell’Ariosto come governatore della Garfagnana. Pensateci, un autore che ha spaziato nel fantastico, nel volo, si trova nelle condizioni più stringenti, come governatore, nella remota e selvaggia provincia. Leggendo le sue lettere si legge il tentativo di un uomo che prova a fare del suo meglio per amministrare le cose con un poco di giustizia, anche se alla fine il poveretto finisce sempre nei guai e il grande criminale gode sempre di protezioni. Si nota uno scoraggiamento per non poter incidere sulla realtà».