SevenBears anima libera
Il polistrumentista e produttore porta la sua musica in giro per l’Europa. «La mia dimensione è la strada perché lì il pubblico va conquistato»
Reggio Emilia Chiudi gli occhi e sembrano tanti perché agli assoli di chitarra psichedelici e alla voce che ascolti si uniscono i canti tradizionali della Mongolia e del Tibet. Poi li apri e capisci che c’è solo Elia Bursi, in arte SevenBears, polistrumentista e produttore originario di Scandiano che dal 2017 porta la sua musica in giro per l’Europa. Ma il suo progetto artistico nasce qualche anno prima, dopo avere militato in due band, dalla necessità di mettersi in proprio e sperimentare musicalmente. «Ogni strumento lo registro dal vivo attraverso l’utilizzo di una loop station in modo che le persone durante le mie esibizioni siano sempre coinvolte» racconta il protagonista di questa settimana di Replay, la rubrica del nostro giornale in collaborazione con Arci che rende protagonisti gli artisti del territorio. Il suo pubblico ideale? Quello che ha incontrato per le strade e le piazze delle città in cui si è spostato in questi anni: Parigi, Bruxelles, Bristol, Londra, Roma, Firenze, Milano. «Perché va conquistato», dice, «e ho visto che, la maggior parte delle volte, lo ha emozionato quello che emoziona me». Parlando di sé, ci racconta che il suo lavoro è la musica «ma anche la meccanica, la carrozzeria, prendersi cura dell’orto quando torno qui», a Reggio Emilia, «perché è bello vivere imparando arti e mestieri, senza porsi limiti». «In questo momento – ci confida – vivo in camper (si chiama Kuma, ndr) mentre costruisco la mia casetta, produco l’album nuovo e collaboro con varie persone qui in città». A ispirarlo sono artisti come i Tool, gli Audioslave, i Limp Bizkit, i Pink Folyd, Jimi Hendrix e, più di recente, Dub FX, «di cui vidi il video di una sua performance in strada e la sua energia mi arrivò come uno tsunami». Ma a intrigarlo, negli ultimi anni, è stata anche la musica tradizionale e nativa della Mongolia e del Tibet, che usa per la sua musica anche a fine terapeutico. «Mi ci sono avvicinato nel 2014, quando ancora lavoravo in ufficio, scoprendone il beneficio per me e per gli altri – spiega – i valori e la cultura che racchiudono sono incommensurabili. Ma la cosa che più contamina la mia musica però sono gli incontri con persone nuove». Al momento SevenBears (nome scelto dalla sua prima band, con cui si divertiva a fare il verso dell’orso) ha pubblicato due album ma ne ha altri 5 da riregistrare e lanciare sulle piattaforme. «Una delle mie canzoni preferite è “There’s a place”, un brano psichedelico e meditativo nato da una jam che feci con un mio caro amico. È molto speciale per me perché originato da due anime che hanno danzato e dialogato attraverso la musica». Dal 2022 ha cominciato ad avvicinarsi ai festival. «Non avendo un manager mi devo arrangiare ma piano piano tutto arriva», confida. Il sogno, un giorno, è di riuscire a calcare il palco della Rcf Arena. «Sarebbe veramente forte suonarci, qui a casa».