Reggio si prepara ad accogliere l’arte underground dei Canemorto
Lo Spazio C21 allestirà l’esposizione del loro progetto En Plain Air
Reggio Emilia Loro, i Canemorto sono uno dei sodalizi più interessanti dell’arte contemporanea italiana. Non sono un collettivo, non sono una crew e non sono una cooperativa sociale… ma un trio di giovani artisti che lavora come un’unica entità. Il loro progetto En Plain Air è in mostra da sabato al 15 aprile nelle vetrine e nelle sale interne dello SpazioC21 a Palazzo Brami (via Emilia San Pietro).
L’installazione comprende un nucleo di opere dipinte ad olio su tela ed un docu-film originale, presentato in anteprima in occasione della mostra. «I Canemorto si incontrano sui banchi di un liceo brianzolo, nel 2007, e raffinano un codice estetico distintivo nell’alternanza tra graffiti, pittura murale e accademia d’arte, lavorando sempre a sei mani – ci spiega Eugenio Sidoli, promotore della mostra e insieme a sua moglie Sandra Varisco animatore dello Spazio C21– ; per questo si definiscono “uno e trino”. La loro produzione è elaborata sui codici di comunicazione della società nella quale viviamo: scrivono, dipingono indoor e outdoor, cantano, scolpiscono, tatuano, incidono e illustrano; passano con agilità dal grande murale al packaging, dal fumetto al video, con un piede dentro il sistema dell’arte e l’altro ben ancorato al suo esterno». Tra le loro principali peculiarità, è un senso antiestetico che si contrappone al mito del superficiale e del bello del nostro tempo: è intrisa di codici dell’underground metropolitano e di riferimenti colti alla storia dell’arte. Ciò che realizzano è al contempo azione e concetto; sono spontanei, autentici, eclettici, vibranti, istintivi, irriverenti, coraggiosi, ruvidi, sarcastici e ironici; lavorano a viso coperto, sono fedeli al mito della Txakurra (una divinità maligna dalle sembianze di un cane morto) e parlano un linguaggio ermetico, il canemortish.
«L’intero progetto è un enorme e poetico tributo alla pittura en plein air – scrive Antonio Grulli nel testo critico – agli avi come Renoir, Monet, Cezanne, Van Gogh, che per primi si sono messi del colore negli zainetti e dei cappelli in testa e sono andati in giro a far danni; è un’elegia per coloro che hanno accettato il pericolo per testimoniare col proprio corpo l’importanza dell’arte e che non vi è arte senza vita e vita senza arte. È un tributo alla maniera dei Canemorto, in cui la beffa teppistica diventa vicinanza e trucco per poter abbracciare ciò che sembra distante e diverso. Il perno dell’intera mostra è il video – realizzato da Marco Proserpio – in cui viene documentata la partecipazione dei nostri a un concorso di pittura estemporanea en plein air, avvenuto nei mesi scorsi… a cui si aggiungono una serie di quadri dove gli artisti si confrontano con il genere della pittura en plein air e di paesaggio. I Canemorto hanno sempre avuto un’anima legata alle esperienze storiche dell’arte, soprattutto delle avanguardie di inizio Novecento… . In questi quadri ho sentito il sapore della linea seghettata di Ernst Ludwig Kirchner… i cieli neri dei murales di Diego Rivera nel ministero dell’istruzione di Città del Messico… e le figure di Paul Gauguin, nascoste in un paesaggio troppo intriso di malinconia per poter essere riconosciuto come un paradiso terrestre».