Gazzetta di Reggio

Reggio Emilia

Cent’anni fa nasceva Paolo Borciani, fondatore del Quartetto Italiano

Cent’anni fa nasceva Paolo Borciani, fondatore del Quartetto Italiano

Nell’agosto 1945 iniziarono a provare in un appartamento di Corso Garibaldi

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Reggio Emilia I Teatri l’hanno ricordato ieri, proprio il giorno del suo compleanno. Infatti, il 21 dicembre di 100 anni fa nasceva a Reggio Emilia Paolo Borciani il fondatore e primo violino del Quartetto Italiano. La memoria passa attraverso l’ultimo concerto nel 1985 (Paolo Borciani si spense il 5 luglio) in cui eseguirono l’Arte della Fuga, ascoltata ieri sera al Valli dal Quartetto Goldmund.

L’ essere considerato tra i migliori quartetti al mondo (se non il numero uno) si riflette nella grandezza dei suoi componenti a partire dallo stesso Borciani la cui intelligenza musicale si è espressa anche attraverso l’insegnamento al Conservatorio di Milano. La vita artistica del Quartetto Italiano ha ricevuto subito i connotati della leggenda: dal primo concerto di Carpi, il 12 novembre del 1945 per l’associazione “Amici della musica”, due sere dopo a Reggio Emilia: da allora una carriera irresistibile, unica, perfetta percorse una lunga strada fino ai primi anni ‘80. Paolo Borciani, la moglie e 2°violino Elisa Pegreffi, il violoncellista Franco Rossi e il violista Lionello Forzanti (al quale subentra qualche anno dopo Piero Farulli), si conobbero durante la guerra a Siena nel 1942 si diedero appuntamento nell’agosto 1945 per incominciare a provare. Fu nell’appartamento di Corso Garibaldi al numero 32 dove la targa di marmo fatta collocare dal fratello Guido prezioso custode della storia della mitica formazione - rammenta: «In questa casa nell’agosto 1945 si riunivano per formare il Quartetto Italiano quattro giovani musicisti destinati a dar voce in tutto il mondo e oltre ai grandi Maestri». In quella stanza si realizzava così il primo atto della carriera della formazione che, prendendo le mosse dalle macerie della guerra, è diventata simbolo della rinascita della nazione. Così scrive Guido Borciani nel suo libro “Il Quartetto Italiano - Una vita in musica”: «Se la famiglia di Paolo mette a disposizione l’appartamento per lo studio quotidiano, l’Organizzazione Giovanile Italiana di Giuseppe Dossetti - cui aderiscono giovani destinati a diventare famosi come Romolo Valli ed Achille Maramotti - tiene le fila delle operazioni di aiuto e salvataggio».

In 35 anni, il Quartetto Italiano ha dato circa 3.000 concerti; tutti i più importanti centri musicali l'hanno avuto ospite: Argentina, Austria, Belgio, Bosnia, Brasile, Canada, Croazia, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Irlanda, Italia, Israele, Kazakistan, Lussemburgo, Macedonia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Russia, Scozia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Usa, Uzbekistan, Zambia per un totale di 36 Paesi. La serie di tournée ha comportato viaggi per 1.300.000 chilometri.

Quanto al repertorio nel 1972 completano l’integrale di Mozart e nel 1973 l’integrale di Beethoven, mentre l’ultimo quartetto di Schubert, il monumentale D 887, dovrà attendere il 1977. Si compirà così la maturazione del quartetto, che negli ultimi anni di vita si dedicherà quasi esclusivamente a programmi monografici ispirati a Schubert e a Beethoven. A distanza di oltre 30 anni, le sue esecuzioni immortalate da quelle preziose incisioni, vivono come punto di riferimento assoluto a testimonianza della traccia profonda lasciata nella storia dell'interpretazione, così che le parole scritte da Virgil Thomson sul New York Herald Tribune del 5 novembre 1951 all'indomani del memorabile concerto di esordio, rimangono a significare una profezia destinata ad andare oltre i limiti di tempo assegnatisi: “the finest string quartet, unquestionably, that our century has known”, cioè “il più bel quartetto, senza ombra di dubbio, che il nostro secolo ha conosciuto”. È proprio il 1951, l’anno che apre al Quartetto Italiano nuovi orizzonti musicali e geografici: infatti suona ai Festival di Edimburgo e di Salisburgo, dove incontrano Wilhelm Furtwängler per un lungo colloquio notturno che, trasformandosi in lezione straordinaria. Debutta negli Usa dove fino al 1977 vi andrà ben 11 volte; in particolare nel 1953, (tra Usa e Canada) vi tiene 59 concerti, 13 dei quali soltanto a New York. Questi «quattro Peter Pan della musica – così li definì Giulio Confalonieri – hanno avuto il merito di cancellare una tradizione per cui sono riusciti a rendere Schubert e Beethoven meno viennesi, Brahms meno tedesco, Ravel o Debussy meno francesi».