Luigi Reverberi, eroe in Russia e deportato nei lager nazisti
Il ruolo del generale reggiano durante la tragica ritirata degli italiani nel 1943, poi la prigionia per essersi rifiutato di aderire alla repubblica sociale di Salò
CAVRIAGO. Ricorre in questi giorni l’anniversario della battaglia di Nikolajevka, combattuta sul fronte russo nel gennaio 1943 fra le forze dell’Asse e quelle sovietiche e assurta a simbolo dell’invasione italiana dell’Urss in appoggio ai nazisti. La partecipazione italiana all’operazione Barbarossa era iniziata nel luglio 1941 grazie all’insistenza di Mussolini che aveva forzato la mano a uno scettico Hitler che avrebbe preferito un nostro maggiore impegno in Africa settentrionale.
Venne così creato il Corpo di spedizione italiano in Russia (Csir) con le divisioni Torino, Pasubio, Celere principe Amedeo duca d’Aosta e la legione di cc. nn. Tagliamento: circa 60.000 soldati agli ordini del generale Giovanni Messe. Il Csir venne posto alla dipendenze del gruppo corazzato tedesco von Kleist (dal nome del suo comandante) e si distinse nelle operazioni militari che portarono alla conquista di Stalino (oggi Donetzk, in Ucraina) e in numerosi altri scontri fra i quali vale la pena di ricordare la battaglia di Natale del 1941 e la carica di cavalleria di Isbuscenskij. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:site:1.10730201:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.10730201:1649692089/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]
Le previsioni tedesche di una rapida vittoria sul fronte orientale si rivelarono errate e le spaventose perdite umane subite li convinsero a chiedere agli alleati dell’Asse un maggiore impegno.
L’Italia fascista accettò e le nostre forze in Russia si ampliarono fino a diventare un’intera armata, passata alla storia come Armir (Armata italiana in Russia), con un organico di 227.000 uomini. Oltre a quelle del Csir si aggiunsero le divisioni Sforzesca, Ravenna, Cosseria, Vicenza, Tridentina, Julia, Cuneense e il gruppo cc. nn. “23 marzo”. L’Armir venne schierata sul fronte del Don, il suo comandante era il generale Italo Gariboldi. Il corpo d’armata alpino venne posto agli ordini del generale Gabriele Nasci, mentre Luigi Reverberi, Emilio Battisti e Umberto Ricagno, comandavano rispettivamente le divisioni Tridentina, Cuneense e Julia.
Nato a Cavriago (reggio Emilia) nel 1892, Luigi Reverberi era un militare di carriera pluridecorato durante la prima guerra mondiale che ha trascorso quasi tutta la sua vita professionale nelle forze alpine.
Negli ultimi mesi del 1942 le notizie provenienti da Stalingrado lasciavano presagire la minaccia che si sarebbe concretizzata di li a poco per le forze italiane attestate sul Don. L’offensiva contro l’Armir prese il nome di Piccolo Saturno e aveva lo scopo di tenere i tedeschi il più lontano possibile da Stalingrado per impedire ogni soccorso alle truppe di Paulus assediate dal 19 novembre.
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L’offensiva sovietica iniziò l’11 dicembre con l’attacco al II corpo d’armata italiano delle divisioni di fanteria Ravenna e Cosseria che tennero le posizioni fino al giorno 16 quando vennero travolte e iniziarono a ripiegare. La maggior parte dell’Armir iniziò la ritirata di Russia in questo momento, mentre il corpo d’armata alpino rimase in prima linea ancora per un mese circa. In questo periodo le forze sovietiche dilagarono nelle retrovie dell’Asse riuscendo a chiudere in una sacca le divisioni Tridentina, Cuneense, Julia e Vicenza e numerose forze tedesche, ungheresi e romene. Per tutti loro l’ordine di ritirarsi viene dato il 17 gennaio 1943: direzione ovest a qualunque costo.
La Tridentina e la Cuneense sono le prime a lasciare le posizioni, seguite dalla Julia più arretrata verso est. Primo punto di ritrovo è Podgornje. Qui i generali degli alpini (Nasci, Martinat, Reverberi, Ricagno e Battisti) si ritrovano insieme per decidere il da farsi. Le truppe dovranno ripiegare avendo come punto di riferimento Valuiki (sede dell’Armir) che stando alle informazioni disponibili in quel momento dovrebbe essere fuori dall’accerchiamento sovietico. Da questo momento le quattro divisioni più il 24^ corpo tedesco procederanno indipendentemente l’uno dall’altro salvo brevi episodi poiché non sarà più possibile mantenere i contatti fra le unità.
Il 19 gennaio la Tridentina mosse all’attacco di Opyt e Postoyali affiancata dai tedeschi. È in queste ore che la Julia, la Cuneense e la Vicenza perdono definitivamente i contatti con la Tridentina e il comando del corpo alpino così che non saranno mai raggiunge dall’ordine di cambiare l’obiettivo della marcia da Valuiki a Nikolajevka e proseguiranno verso la destinazione originaria ignare di finire nelle mani dei sovietici. Per un’intera settimana la Tridentina avanzò faticosamente verso occidente nella steppa russa combattendo contemporaneamente contro i russi (sia i regolari dell’esercito che i partigiani), contro il gelo che segna temperature di decine di gradi inferiori allo zero, contro la mancanza quasi totale di rifornimenti di viveri, munizioni e medicinali, contro la stessa assenza di notizie certe sulla direzione da prendere, sui movimenti degli alleati fuori dalla sacca, nell’attesa di aiuti che non giunsero praticamente mai.
Per di più gli alpini del generale Reverberi si trascinavano dietro, come la coda di una cometa, migliaia e migliaia di sbandati delle disciolte divisioni dell’Asse che arrancavano loro dietro nella speranza di uscire dalla morsa sovietica senza combattere, cercando magari di occupare le isbe conquistate dagli alpini per evitare la notte all’addiaccio, che significava quasi certamente la morte per assideramento. [[atex:gelocal:gazzetta-di-reggio:tempo-libero:1.10730471:gele.Finegil.Image2014v1:https://www.gazzettadireggio.it/image/contentid/policy:1.10730471:1649692089/image/image.jpg?f=detail_558&h=720&w=1280&$p$f$h$w=d5eb06a]]
Per le truppe accerchiate il momento decisivo giunse il 26 gennaio 1943; quel giorno gli alpini di Reverberi affrontarono la prova suprema per uscire dalla sacca a Nikolajevka, ma è anche il giorno in cui a Valuiki i sopravvissuti della divisione Vicenza anziché la salvezza trovano la loro rovina e sono costretti alla resa, subito seguiti (il giorno 27) dalla Julia di Ricagno e dalla Cuneense di Battisti. Gli ultimi a deporre le armi furono gli alpini del battaglione Mondovì che resistettero fino alla sera del 28 gennaio.
Il momento culminante della battaglia di Nikolajevka, confermato da numerosi testimoni, fu quando il generale Reverberi salì in piedi su un mezzo corazzato e, puntando il braccio verso ovest, incitò i suoi uomini al grido di “Avanti Tridentina, che di la c’è l’Italia!”
Al termine della giornata la breccia nella sacca era aperta e i sopravvissuti poterono dopo diversi giorni di marcia rientrare nelle proprie linee e ricevere cure ed aiuti. Questa battaglia è poco nota al di fuori dell’Italia, del resto, come accennato in precedenza, essa, come tutta l’offensiva Piccolo Saturno e la conseguente ritirata dell’Armir, non sono stati episodi isolati, ma vanno inquadrati nell’ambito della battaglia di Stalingrado. Di 57.000 alpini schierati sul fronte russo ne rientrarono solamente 11.000, mentre le perdite totali dell’Armir sono valutate al 50% circa della forza totale. Navigando sul sito di Istoreco (www.istoreco.re.it) alla voce Albi della memoria si può vedere che sono stati 941 i soldati reggiani caduti in Russia su un totale di 3377 morti fra il 1940 e il 1945 e 27 quelli morti a Nikolajevka.
Una volta rimpatriato, il generale Reverberi si stabilì a Bressanone con i pochi sopravvissuti della sua divisione e con le reclute in arrivo dai vari distretti militari.
Qui lo colse l’annuncio dell’armistizio di Badoglio con gli angloamericani e venne catturato dai tedeschi e deportato come internato militare. Come la maggior parte degli soldati italiani catturati dopo l’8 settembre 1943, rifiutò di collaborare coi nazisti e con la Repubblica sociale e rimase prigioniero fino alla fine della guerra. Venne rinchiuso nel lager 64Z a Skoki, presso Poznan (Polonia), in una località appositamente scelta per ospitare tutti i generali italiani prigionieri dei tedeschi.
Il lager venne chiuso il 20 gennaio 1945 sotto l’incalzare dell’avanzata sovietica e i prigionieri vennero spostati verso ovest in località ritenute più sicure, fino a Wugarten dove i tedeschi abbandonano i prigionieri al loro destino, dopo aver fucilato il giorno prima a Selchow quelli troppo deboli per proseguire. Il 29 gennaio sarà proprio l’armata rossa, ironicamente, a liberare Reverberi e gli altri.
Il protagonista di Nikolajevka morirà a Milano il 22 giugno 1954 e venne sepolto nel cimitero comunale di Montecchio.
* Michele Bellelli è autore del libro “Luigi Reverberi: un soldato, un alpino, un uomo”