Vittoria Bigliardi, kickboxer di 16 anni: «In palestra mi sento a casa»
La giovane si racconta: «Questo sport, mi fa sentire più protetta visto che so difendermi. Ma ci siano molti stereotipi sulle ragazze che fanno combattimento, non siamo violente»
Montecchio Emilia La kickboxing K-1 è un’arte marziale dove si deve colpire l’avversario con pugni, calci e ginocchiate. Spiega così il suo particolare sport Vittoria Bigliardi, 16enne di Montecchio, che pratica questa disciplina a livello sia regionale che nazionale. Questo sport di combattimento, originario del Giappone, necessita di protezioni per tutelare gli atleti; si indossano infatti guantoni, casco, paraseno e fasciature. «In faccia si prendono calci e pugni che lasciano taglietti, mentre le gambe spesso sono piene di lividi. Poi l’entità dei danni dipende dall’avversario che si incontra», spiega la giovane reggiana.
Come ha iniziato a praticare questo sport che è di nicchia in Italia?
«Ho fatto 9 anni di ginnastica artistica, poi ho deciso di smettere. Mio papà ha trovato una palestra a Cella che insegnava questa disciplina e ho provato. All’inizio ero un po’ titubante, ora in palestra ho una seconda famiglia».
Quante volte a settimana si allena?
«Mi alleno 4 volte a settimana, ma capita di aggiungere anche la domenica mattina. Durano un’ora e mezza, dove faccio simulazioni d’incontro (sparring) , tecnica, circuiti per rafforzare braccia e gambe, oppure mi alleno col sacco per i pugni. Le gare sono circa una volta al mese e possono concludersi con la disputa di fino a tre match».
Cosa fa poco prima di salire sul ring?
«Mi piace parlare con i miei compagni, ma non dell’incontro. Non mi dispiace però anche stare da sola, l’importante è non avere gente attorno che mi tormenti sul match. Devo gestire l’ansia ed è molto difficile per me, ma rispetto alla ginnastica artistica questo sport mi permette di controllarla meglio».
Come gestisce un incontro e il dolore dei colpi?
«I colpi dell’avversaria quasi non li sento, in più ho il sostegno dei miei compagni di squadra che mi aiutano dall’angolo. Il dolore lo sento subito nei calci in pancia, mentre i colpi alle gambe li accuso dopo il match».
Cosa vuole fare nel futuro?
«Frequento il liceo artistico e mi piacerebbe iscrivermi all’università. Mi piace molto l’architettura e il design per interni. La palestra sarà ancora parte della mia vita, qui mi sento a casa e riesco facilmente a far coincidere sport e studio».
Visto il periodo in cui sentono tanti casi di violenza sulle donne, si sente più sicura praticando questo sport?
«Sì, mi fa sentire sicuramente più protetta visto che so difendermi. Credo che comunque ci siano molti stereotipi sulle ragazze che fanno sport di combattimento, non siamo violente».
Si sente di ringraziare qualcuno che la sta aiutando nel suo percorso?
«Fondamentali sono i miei genitori e mio nonno che mi trasportano ovunque ad ogni orario. Mi capita di tornare da una gara in piena notte e mi devono passare a prendere. Li ringrazio tanto». l © RIPRODUZIONE RISERVATA