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Sampirisi, difensore d’altri tempi «È De Vecchi il mio maestro»

Massimo Sesena
Sampirisi, difensore d’altri tempi «È De Vecchi il mio maestro»

Reggiana: senza tatuaggi, al campo in 500, e non gioca alla playstation

02 giugno 2024
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Reggio Emilia Tettuccio aperto alla primavera che prima o poi si deciderà ad arrivare, scoppiettìo tipico, parcheggio in retromarcia, tra una Porsche e una Ferrari. E in via Agosti, nel parcheggio delle auto dei calciatori granata, al volante di una Fiat 500 immatricolata negli anni 70, arriva lui, Mario Sampirisi, natali siciliani, abbandonati presto per una vita da calciatore spesa in gran parte tra Milano e Monza, fino ad arrivare alla Reggiana. I suoi 188 centimetri si sacrificano nell’abitacolo: «Me lo dicono tutti – sorride – tutti mi chiedono come faccio a starci... Apro il tettuccio, ecco come. E come dico sempre ai ragazzi più giovani di me, l’auto non è tutto... Scherzi a parte, ho pensato più di una volta di coltivare questa passione, ma poi si pone il problema, soprattutto a Milano, di dove mettere questi cimeli». Da questo punto di vista, la 500 rossa è decisamente più maneggevole: «Sì – dice – per muoversi a Reggio è perfetta. Poi, in via Agosti – ride – fa la sua figura».

Il deja-vù
Ascolti Mario Sampirisi– che in queste settimane si sta riprendendo dall’operazione al retto femorale sinistro – e hai come una sorta di de-javù: ti viene in mente una stagione di grandi successi per la storia della Reggiana, quando in via Agosti si allenava la Reggiana di Pippo Marchioro. Una Reggiana che aveva alcuni leader indiscussi. E tra questi c’erano Walter De Vecchi e il compianto Loris Dominissini. Altri tempi, anzi per stare in tema, altra epoca. E proprio da un’altra epoca sembra uscito Mario Sampirisi. Basti pensare che – e anche questa è una notizia – il difensore è l’unico granata privo del benché minimo tatuaggio. Nel calcio professionistico si conteranno sulle dita di un paio di mani e Sampirisi è uno di questi: «Non lo so – dice – la verità è che per fare un passo del genere devi essere convinto e io non lo sono mai stato del tutto. Paura? Anche, ma soprattutto il pensiero che un giorno potrei pentirmi di quel tatuaggio». Il fatto che poi lui sia circondato da orde di giocatori tatuati? Ecco il segreto che spiega anche perché viaggi su una 500 d’epoca: «Non mi piace l’omologazione, e quindi il fatto di non avere tatuaggi non mi crea alcun problema».

No all’omologazione

Ecco uno dei problemi dei giovani calciatori d’oggi. Tendono a seguire tutti la stessa moda: «È vero – dice – capita che ti faccia trascinare dagli altri. Certo, dipende da chi sono i tuoi modelli».

Esempi da seguire

E anche in questo ambito, Sampirisi, ha le idee chiare. Quando gli diciamo che lo saluta Walter De Vecchi, il viso gli si illumina: «A Walter devo tutto – dice – è stato davvero il mio padre calcistico. Al punto che adesso che è tornato a insegnare calcio all’Aldini (società academy del Milan, ndr) gli ho affidato mio figlio». Gli facciamo notare che nella Reggiana di De Vecchi nessuno o quasi aveva tatuaggi e De Vecchi era davvero un leader per i più giovani. Giovani calciatori che oggi sembrano così diversi da quelli del passato, pensiamo soltanto al caso delle scommesse confessate come sfogo a una quotidianità – quella dei calciatori giovani – che ha troppi spazi vuoti, momenti di noia. E c’è chi li riempie giocando alla playstation ma anche chi, purtroppo si rovina con ludopatia e scommesse. «Io – dice – ho comprato una playstation tre anni fa ma non l’ho mai usata. Le scommesse? Credo si debba essere sufficientemente maturi per capire che puoi davvero buttare via la tua carriera e la tua vita. A questo proposito, io avrei anche una idea: dovrebbe essere il sindacato calciatori con la stessa federazione a individuare dei veri e propri ambasciatori, giocatori esperti in grado di veicolare i messaggi importanti contro l’azzardo e la ludopatia, parlando con i ragazzi più giovani per evitare che si rovinino».

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