Goretti: «La Reggiana è una figata per questo voglio restare in B»
Dopo il doppio passo falso dei granata contro Cittadella e Lecco, il direttore sportivo traccia la rotta per il futuro suo e della squadra
Reggio Emilia Tra passato, presente e futuro. Il direttore sportivo Roberto Goretti ha aperto la valigia dei suoi sogni, ha immaginato a occhi aperti la sua Reggiana del futuro partendo da una certezza: la permanenza in serie B. Una proiezione dove al centro del progetto granata ci sono Goretti e Nesta.
Nel suo futuro c'è ancora la Reggiana?
«Quando qualcuno nel nostro ambiente mi chiede: com'è la Reggiana, io rispondo sempre: è una figata. A me la Reggiana piace da morire. Logico che dobbiamo raggiungere l'obiettivo della salvezza, altrimenti tutto sarà vano».
C'è un senso di riconoscenza?
«Non è la giusta definizione, io sono un innamorato della Reggiana. Due anni fa quando ho lasciato Cosenza, dove con la salvezza avevamo compiuto un'impresa, una società di serie B mi aveva posto un contratto di due anni al doppio rispetto a quello che ho accettato con la Reggiana partendo dalla serie C».
Qual è quindi la ragione che la spinge a rimanere anche il prossimo anno?
«Io ho giocato nella Reggiana e so cosa significa indossare questa maglia, sono in grado di capirne il valore e il significato. Quando ho accettato mi ero fatto il mio film: sapevo che sarebbe stato difficile ripetere la stagione precedente persa per un soffio di vento, però mi affascinava l'idea di essere il direttore sportivo della Reggiana in serie B. Era un grande stimolo, lo ritengo un enorme privilegio e una grande opportunità. Vedo nella Reggiana delle enormi potenzialità per la passione della gente, per la solidità della proprietà, per la vivibilità di Reggio Emilia e per un centro sportivo che ci può dare tanto». Cosa c'è nel futuro della Reggiana? «La serie B è imprescindibile e tutti siamo focalizzati sul centrare l'obiettivo».
Eppure nel mercato di gennaio ha lavorato per il prossimo anno...
«Antonio Vergara il prossimo anno vi sorprenderà. E' un giocatore che assieme a Natan Girma conferirà grande qualità al nostro attacco».
Pensa alla conferma di Girma?
«Io li vorrei tenere tutte e due. Girma ha mostrato in partita solo il 40% del suo talento e se riuscirà ad elevare questo rendimento in campionato al 70% sarà un giocatore di altissimo livello».
La squadra sta evidenziando delle difficoltà offensive. Come pensa di poter sopperire il prossimo anno?
«Sono convinto che il prossimo anno avremo un attacco di assoluto livello con Vergara, Girma, Gondo ma soprattutto il vero Okwonkwo che in queste settimane ho visto crescere e ha enormi potenzialità. Forse ne arriverà un altro per un reparto offensivo che sono certo il prossimo anno ci darà maggiori soddisfazioni».
Oggi, però, i cannonieri della Reggiana sono Gondo e Girma con 5 reti...
«È evidente che qualcosa non ha funzionato e com'è successo in diverse partite i nostri attaccanti non si sono rivelati dei cecchini».
Nel suo programma futuro c'è Nesta in panchina?
«La continuità è un valore imprescindibile e avere la possibilità di programmare una squadra con un allenatore per cinque o sei anni è fondamentale. Nel caso di Alessandro Nesta – puntualizza subito il ds – dobbiamo accontentarci di due o tre anni alla Reggiana perché lo ritengo un tecnico emergente. Nesta aveva come idea una Reggiana diversa che scendeva in campo secondo un modulo che era il 4-2-3-1, ma questo si è rivelato un campionato complicato ma da persona intelligente si è adattato anteponendo il bene della squadra al suo credo tecnico. Nella quotidianità, Nesta porta equilibrio, cultura del lavoro e crescita individuale, non solo dei giocatori. Ha saputo cementare uno staff che oggi è un gruppo granitico, unito e coeso, finalizzato all'obiettivo. Nello spogliatoio c'è uno spirito positivo. Certo ha pagato e sta pagando i due anni in cui non è stato in panchina ad annusare l'aria della partita. È un allenatore giovane ma dalle grandi potenzialità».
Dovrebbe cambiare modulo e utilizzare maggiormente la panchina?
«Il suo grande merito è stato quello di avere conferito, nelle difficoltà, un'identità alla squadra. Gli allenamenti sono sempre stati all'insegna di una grande intensità e della necessaria professionalità. In serie B conta il gruppo a differenza della serie C dove vincono le individualità». © RIPRODUZIONE RISERVATA