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CanNibali si divora il Tourmalet

Ciclismo. Ad Hautacam la maglia gialla pone il quarto sigillo: il Tour ha un solo signore

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ROMA. Padrone o dittatore poco importa. Conta che il Tour sia saldamente nelle mani di Vincenzo Nibali da Messina. Lo era ieri, l'altro ieri, ora lo è di più. Tutto fa pensare che il gradino più alto del podio di Parigi verrà occupato da lui domenica pomeriggio. Un italiano re a Parigi, sui Campi Elisi, 16 anni dopo Marco Pantani. Tutto torna, dunque. Un “Pirata” venuto dalla riviera adriatica, nel 1998, domò le grandi montagne, dalle Alpi ai Pirenei; uno “Squalo” partito dallo Stretto, sponda messinese, lo ha imitato, riproponendo il fascino di uno sport che aveva bisogno di una ventata di entusiasmo. Di facce e vittorie pulite.

Quella conquistata da Nibali, sull'Hautacam, è la quarta in questo Tour: da diverso tempo al giovedì, tre giorni prima della passerella sotto l'Arco di Trionfo, non si tiravano le somme della Grande boucle. Nibali ha reso possibile anche questo, firmando quattro vittorie di tappa e marcando una superiorità netta. Il siciliano dell’Astana, che in carriera ha vinto la Vuelta 2010 e il Giro d'Italia 2013, si appresta a entrare in quella specie di Hall of fame del ciclismo, della quale fanno parte i vincitori delle tre grandi corse a tappe. Non nomi qualsiasi, mostri sacri dei pedali: Eddy Merckx, Bernard Hinault, Jacques Anquetil, Alberto Contador, Felice Gimondi. Campioni colossali. Gli manca solo il Mondiale, per diventare leggenda fra le leggende. Nibali ha costruito il capolavoro-poker, accelerando a -11 km dal traguardo, in compagnia di Chris Horner, lo statunitense che gli aveva scippato la seconda Vuelta della carriera, un anno fa. Due km a ruota del nonnetto volante, poi lo Squalo scivola via sulle rampe dell'Hautacam ai -9 km dall'arrivo. Ancora mille metri e Nibali vede Nieve Iturralde, lo affianca e lo supera come spinto da un motorino invisibile. Da quel momento resta solo e sente crescere il proprio vantaggio sul resto del mondo, dove big decaduti e volti facce stravolte in cerca di gloria cercano di sopravvivere. Nibali pedala verso la gloria, mentre la strada s'inerpica fra due ali di folla. La sua fuga per la vittoria è incontenibile, altro che cronometro di Mori-Polsa (scalerà l'Hautacam in 37'22’’); l'ultimo a cedere è Rafal Majka, che indossa la maglia a pois di leader dei grimpeur e ha vinto due tappe. Alla fine crolla anche il polacco che non ha nemmeno la forza e lo spirito di strizzare l'occhio a favore di telecamera. Nibali resta solo, spinge sui pedali e forse pensa a Rachele, al mare di Messina e a molto altro. Sul traguardo, dopo essersi battuto la mano sul cuore, ammette che «questa vittoria è per me, per la squadra, che ha lavorato tanto». E, in effetti, l'Astana è stata perfetta. Senza il morso dello Squalo, però, tutto sarebbe stato inutile.