Ok dal Ministero: gli agenti condannati per le botte in carcere possono tornare in servizio
Reggio Emilia: dopo due anni il reintegro, ma non torneranno alla Pulce
Reggio Emilia Sono stati riammessi in servizio e, a distanza di quasi due anni da quando sono scoppiati lo scandalo e la successiva inchiesta, da lunedì potranno tornare al lavoro. Non nel carcere di Reggio, per ragioni di opportunità, ma negli istituti della nostra regione. Parliamo dei dieci agenti di polizia penitenziaria finiti nella bufera mediatica per il pestaggio di un detenuto e condannati il 17 febbraio scorso a pene che vanno da 4 mesi a 2 anni per i reati di abuso di autorità, percosse aggravate e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici (per i falsi verbali), ma non per il reato di tortura, l’imputazione più pesante che prevede fino a dieci anni di reclusione. Pene sospese e senza menzione sul casellario giudiziario, come ha stabilito il gup Silvia Guareschi. L’ufficialità è arrivata due giorni fa, quando ciascun agente ha ricevuto via mail Pec la comunicazione del reintegro in servizio con decorrenza immediata.
Tramite un decreto ministeriale del 13 marzo 2025, il ministero della Giustizia ha dato il via libera avvisando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Reggio Emilia, il Provveditorato regionale dell’Emilia-Romagna e delle Marche e i singoli poliziotti. L’autorizzazione recita così: «Visto... visto... visto... il Ministero decreta che l’agente... è reintegrato in servizio con decorrenza giuridica ed economica dalla data di notifica del presente decreto». Ciascuno ha avuto un’assegnazione differente: da Parma a Piacenza, da Bologna a Rimini, sempre nei confini dell’Emilia-Romagna. Per ragioni precauzionali nessuno tornerà nel carcere della Pulce, luogo dove sono avvenuti i fatti. «Il mio assistito ha accolto con grande sollievo la notizia che gli restituisce il lavoro e credo che altrettanto si possa dire dei colleghi – ha affermato l’avvocato Luigi Marinelli del foro di Foggia –. Ricordiamo che gli agenti e le loro famiglie hanno attraversato problemi economici: non lavorano da quasi due anni perché, terminato il breve periodo di sospensione disposto dal giudice per alcuni di loro, gli agenti avevano fatto richiesta di reintegro, negata poiché vista la delicatezza della vicenda si è preferito attendere la sentenza di primo grado». Ricordiamo che tutto è nato il 3 aprile 2023 nel carcere della Pulce di Reggio dove un detenuto tunisino di 44 anni, dopo essere uscito dall’ufficio della direttrice, che gli aveva consegnato due procedimenti disciplinari a suo carico, mentre veniva portato in isolamento sarebbe stato incappucciato con una federa, buttato pancia a terra, picchiato con pugni e pedate, calpestato su braccia e gambe, immobilizzato con un ginocchio sulla schiena, denudato dalla cintola in giù e rinchiuso in isolamento. Il recluso, con ferite guaribili in venti giorni, convinto di aver subìto un’ingiustizia, ha sporto denuncia contro le guardie. L’azione è stata filmata dalle telecamere interne del carcere e il video è stato la prova principe dell’accusa, sollevando un polverone politico a livello nazionale, l’intervento del ministro Carlo Nordio, un dibattito sulle condizioni di detenzione nelle carceri dell’Emilia-Romagna e l’insorgere dei sindacati di polizia penitenziaria. l © RIPRODUZIONE RISERVATA