Gazzetta di Reggio

Reggio

Un caffè con l’assessore

La svolta di Marco Mietto: «Fotografia Europea cambierà»

Nicolò Valli
La svolta di Marco Mietto: «Fotografia Europea cambierà»

L’assessore alla Cultura: «I Chiostri diventeranno il polo degli archivi. Serve un piano d’azione condiviso che punti su conoscenza e creatività»

4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Un’ora e mezza di chiacchierata davanti a una tazzina di caffè del bar Pappare’ Emilia di via Arcipretura, a pochi passi dal municipio di Reggio e dallo studio di Marco Mietto, assessore alla Cultura e ai Giovani, con deleghe a Politiche culturali, Istituzioni culturali e Politiche giovanili. Un’intervista che diventa un’occasione per parlare del presente e soprattutto del futuro di questa città. Si intuisce subito che l’assessore Mietto ha idee molto chiare su cosa intende fare in questi anni di Giunta. Idee che presentano una linea di discontinuità rispetto a tanti aspetti portati avanti in passato. La prima: Fotografia Europea avrà, a partire dal 2026, un vestito differente. Dice Mietto, che si definisce scherzosamente “assessore senza portafoglio”: «Ho intenzione di far diventare i Chiostri di San Pietro un polo della fotografia dodici mesi all’anno e non solo per le settimane di primavera».

Ci arriviamo, assessore, ma andiamo con ordine: prima di tutto, come vanno questi mesi?

«Non è facile, invischiati come siamo nella miriade di regolamenti che non fanno altro, però, che rallentare i processi. Ecco perché la fiducia nelle istituzioni è ai minimi termini».

Eppure lei pare essere molto attivo, non è così?

«Certamente. Dal mio insediamento ho incontrato tantissimi operatori culturali reggiani e tanti under 35 che hanno da proporre progetti interessanti. Si tratta delle due macro aree che mi sono state assegnate».

Qual è lo stato di salute della cultura a Reggio?

«Non deve per forza di cose esserci un confronto con le città confinanti. Dobbiamo prima di tutto difendere le nostre eccellenze dal taglio delle risorse, sia da un punto di vista artistico che umano. Dopodiché dobbiamo cercare di costruire una politica chiara».

Quella di questi anni non le piaceva, quindi?

«È un’offerta molto ricca, ma poco coordinata e soprattutto comunicata non nel modo migliore. Dobbiamo invece puntare su alcuni asset fondamentali come sicurezza, conoscenza e creatività».

Sicurezza?

«Siamo abituati a intendere la sicurezza come una questione legata alle forze di polizia. Per sicurezza, invece, si intende anche quella legata al lavoro, alla qualità della vita personale. Recentemente abbiamo presentato una mostra su questo tema, legato al benessere».

Torniamo a Fotografia Europea.

«È una delle tante eccellenze reggiane. Credo che dopo diversi anni, pur restando fedeli alla tradizione, si possa modificare qualcosa, magari facendo confluire per mostre ed esposizioni gli archivi fotografici di cui possiamo disporre, come l’archivio della biblioteca Panizzi e l’archivio Ghirri».

Il suo giudizio sui Musei Civici?

«Vi operano grande professionisti, al netto dei già citati tagli al Bilancio. Anche in questo caso, comunque, è necessario un maggior coordinamento. Lo stesso vale per le biblioteche».

Sta collaborando con l’assessorato anche lo scrittore Piergiorgio Paterlini, non è vero?

«Sì, a lui è affidata la gestione di determinati temi, come per esempio la Festa del Tricolore. È un valore aggiunto per noi».

Per le politiche giovanili che cosa intende sviluppare?

«L’età non può rappresentare un problema, un giovane non può pagare per colpe che non ha. Urgono politiche per i fragili evitando di sovrapporre i servizi».

Tempo fa disse che il suo modello di città ideale fosse la Glasgow del 2000. A cosa faceva riferimento?

«La grande città scozzese in quegli anni aveva risentito delle riforme di Margaret Thatcher, per una città stravolta rispetto alla tradizione industriale su cui era fondata ma che aveva saputo cambiare. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, inoltre, fece qualche anno dopo uno studio in cui si dimostrava che a distanza di pochi chilometri le persone di due quartieri avevano aspettative di vita molto diverse. Questo variava in base al tipo di politica e di proposte».

Nel tempo libero cosa ama fare?

«In realtà di tempo libero ne ho davvero poco. Abito in centro con mia moglie Loretta, ho un figlio più due acquisiti. Calcisticamente tifo Fiorentina e mi definisco un onnivoro della musica».

Da giovane ha collaborato con la rivista Linus in cui è presente un’intervista a un ummita, una sorta di alieno. Lo incontrò davvero?

«Questa storia prendeva spunto da un fatto di cronaca, io la trasformai in un racconto. Alla redazione di Linus arrivarono tantissime lettere, tra chi non credeva assolutamente al racconto e chi invece voleva chiedermi informazioni...».  

(4 – continua)

© RIPRODUZIONE RISERVATA