Gazzetta di Reggio

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L’intervista al docente Marco Ambrosi

«I ragazzi cercano prof appassionati Io li aiuto a esprimersi in aula e fuori»

Hamza Wahbi e Simone Pittelli*
«I ragazzi cercano prof appassionati Io li aiuto a esprimersi in aula e fuori»

Il docente del Nobili Marco Ambrosi, che è anche musicista e scrittore, ha cofondato la band d’istituto e nel 2024 ha curato il volume “Parlo io. Storie di ragazzi e ragazze sulla violenza maschile sulle donne”

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Il professore di italiano e storia dell’istituto “Leopoldo Nobili” Marco Vincenzo Ambrosi, che è anche musicista (suona nei Nuju) e scrittore, aiuta i ragazzi non solo a mettersi in gioco per ottenere risultati scolastici positivi ma anche a salire su un palco, a girare dei video musicali e pubblicare libri scritti a quattro mani con scrittori famosi a livello nazionale, come è accaduto lo scorso anno quando ha curato “Parlo io. Storie di ragazzi e ragazze sulla violenza maschile sulle donne” (Compagnia editoriale Aliberti), il volume nato dalla collaborazione che da anni lega l’istituto all’associazione Nondasola.

Professore, partiamo dalla sua storia. Quali aspettative aveva sul suo futuro quando aveva la nostra età?

«Le aspettative di un ragazzo adolescente che frequentava il liceo scientifico a Tropea, in provincia di Vibo Valentia, cioè partire verso una grande città per vedere i concerti dei miei cantanti preferiti o le partite di Champions League. Non immaginavo assolutamente di diventare un insegnante di italiano: giocavo a calcio e suonavo la chitarra e sapevo di volermi dedicare a qualcosa di creativo e divertente».

Quand’è che ha capito cosa avrebbe fatto? Cosa ha influenzato il suo percorso portandola a quello che è diventato oggi?

«Fino alla prima superiore non avevo mai letto un romanzo. Leggevo solo fumetti. Ho iniziato grazie alla mia professoressa di italiano, che ci diede da leggere “A ciascuno il suo” di Leonardo Sciascia per le vacanze di Natale. Da quel momento mi sono innamorato della lettura e della scrittura, decidendo poi di dedicarmi allo studio della letteratura e della storia e non solo della musica, che era la mia prima passione insieme al calcio. L’università a Bologna è stata poi una tappa fondamentale, perché mi ha permesso di fare tante esperienze diverse, che oggi porto con me in classe».

Secondo lei, il metodo di insegnamento di un professore influenza l'apprendimento di una materia?

«Il metodo di insegnamento influenza sicuramente, ma non deve essere mai lo stesso, perché ogni studente o studentessa ha uno stile di apprendimento diverso. La relazione che si crea con ragazzi e ragazze è fondamentale per “preparare il terreno” in classe. Inoltre credo che sia importante anche che le studentesse e gli studenti credano in ciò che comunica il docente. Se chi insegna si dimostra appassionato delle proprie discipline, le alunne e gli alunni sono più motivati ad apprendere».

L’istituto Nobili di Reggio Emilia è una scuola tecnico professionale, eppure è l’unica in cui – anche grazie alla sua tenacia e alle sue idee – c’è una band. Quando ha iniziato a pensarci e come si è evoluto il tutto?

«Il progetto “This IIS Nobili Band” lo porto avanti con il professor Amato, con cui abbiamo iniziato a parlare di costituire una band d’istituto già sette o otto anni fa. Finalmente ce l’abbiamo fatta nel 2021 e il progetto è ormai avviato da quattro anni e in continua evoluzione, tanto che da quest’anno si è aggiunta anche la professoressa Vezzosi. La nostra band non è formata solo da ragazzi e ragazze che vanno a scuola di musica, ma da chiunque abbia voglia di mettersi in gioco. Credo che questa sia la grande particolarità: la capacità di includere chiunque abbia voglia di esprimersi. Non abbiamo mai fatto delle selezioni e spingiamo tutte e tutti a partecipare per poter sviluppare le idee che poi confluiscono nelle canzoni che scriviamo e registriamo e nei videoclip che realizziamo».

Non solo musica ma anche scrittura creativa. Può spiegarci nel dettaglio quando è iniziato il progetto che ha portato alla pubblicazione del primo libro scritto dai ragazzi dell’istituto?

«Io mi occupo da più di dieci anni di corsi di italiano L2 per studentesse e studenti non italofoni. Appena arrivato all’istituto Nobili ho iniziato a partecipare a dei corsi per ragazze e ragazzi appena arrivati in Italia. Mi sono accorto che loro non avevano ancora la competenza linguistica per esprimere i loro sogni e le loro aspettative, così ho deciso di raccogliere delle interviste in cui chiedevo cosa desiderassero per il loro futuro. Queste interviste sono state poi consegnate a degli scrittori e delle scrittrici che hanno scritto i racconti confluiti in “L’altro allo specchio”».

Dopo “L’altro allo specchio” altri ragazzi si son messi in gioco e lo scorso 8 maggio è stato pubblicato “Parlo io”. Storie di ragazzi e ragazze sulla violenza maschile sulle donne”. Può dirci di più?

«Esatto, questa volta abbiamo reso scrittori e scrittrici i nostri studenti e studentesse. Da tanti anni la nostra scuola collabora con l’associazione Nondasola e, proprio durante uno di questi incontri, ho proposto di realizzare un volume in cui ragazzi e ragazze scrivessero dei racconti sul tema della violenza di genere. Questi scritti sono stati poi consegnati a degli scrittori e delle scrittrici, che hanno svolto il ruolo di tutor letterari, portando al risultato finale che si può trovare nel libro».

Qual è stata la risposta dei ragazzi a tutte queste attività?

«È sempre difficile coinvolgere ragazze e ragazzi a questa età, perché o si ha paura di mettersi in gioco, magari non ritenendosi all’altezza delle richieste, oppure si pensa di essere superiori a quello che si fa a scuola: è difficile vedere l’ambiente scolastico come un luogo dove potersi esprimere liberamente. Invece questi progetti vanno verso la direzione di valorizzare la creatività di studentesse e studenti, facendoli collaborare e dandogli degli stimoli che possono poi riportare in classe, sentendosi più motivati e più fiduciosi verso l’istituzione scolastica».

*Studenti dell’istituto Nobili

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