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Moby Prince, il procuratore di Livorno: «Continuiamo ad indagare»

Moby Prince, il procuratore di Livorno: «Continuiamo ad indagare»

Furono sette le vittime di Reggio Emilia

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Reggio Emilia «Siamo consapevoli dell’importanza che ha questa indagine e siamo in contatto costante con la terza commissione d’inchiesta». Ancora alla ricerca della verità, a distanza ormai di quasi 34 anni dalla terribile tragedia.

È con queste parole, rilasciate qualche giorno fa al quotidiano Il Tirreno, che il nuovo procuratore capo di Livorno, Maurizio Agnello, commenta le nuove indagini sulla tragedia del Moby Prince, il traghetto diretto a Olbia che nella notte tra il 10 e l’11 aprile 1991 fu al centro di una delle più grandi tragedie navali della storiaitaliana in tempo di pace.

A tre miglia al largo del porto di Livorno, per cause mai del tutto chiarite, il Moby Prince entrò improvvisamente in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, ancorata a 2,7 miglia dalla costa, e si scatenò un inferno di fuoco.

Alla fine, il terribile bilancio sarà di 140 persone morte a bordo del traghetto. Fra queste, sette reggiani che quella sera si erano imbarcati sul traghetto per la Sardegna, salpato alle 22.03.

Trovarono la morte Alessia Caprari, 19enne di Reggio Emilia, e la sua amica Maria Rosa Simoncini, 25 anni, anche lei di Reggio Emilia; l’imprenditore povigliese Aldo Mori, 52 anni, e sua moglie Maria Giovanna Formica, 51 anni; il 44enne di Bagnolo in Piano Giuliano Salsi, il 45enne di Reggio Emilia Umberto Rizzi e sua figlia Monica Rizzi, 27 anni.

Una ferita ancora aperta, rimasta senza giustizia e sulla quale manca ancora oggi la verità, per una tragedia tuttora al centro di indagini della magistratura e della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro, che fra l’altro si è riunita pochi giorni fa in una nuova seduta, con l’audizione dell’ammiraglio Sergio Simone, consulente della Commissione nella precedente legislatura.

Il procuratore Agnello, nato a Crotone e palermitano d’adozione, 58 anni, con un passato alla direzione distrettuale antimafia e sei anni da procuratore aggiunto di Trapani, di cui uno e mezzo come facente funzione, è stato nominato alla guida della Procura di Livorno l’11 settembre scorso e si è insediato ufficialmente il 4 novembre. Fra le sue priorità l’attenzione ai codici rossi, la lotta alla spaccio di droga e contrasto al narcotraffico che ha come snodo europeo proprio il porto di Livorno, teatro 34 anni fa della terribile tragedia che la città toscana non ha mai dimenticato, al pari di Reggio Emilia e del resto del Paese.

«Sul Moby Prince c’è un’indagine ancora aperta sia qui sia a Firenze, dove è stata ipotizzata un’attività di tipo terroristico – ha affermato il procuratore Agnello –. Qualora emergessero responsabilità colpose, ad ogni modo, sarebbero prescritte. L’unico reato che potrebbe sopravvivere è un reato doloso come strage o omicidio plurimo. Mi sono reso conto di quanto il Moby Prince sia una ferita aperta per questa città. E, anche se una risposta parziale c’è stata in fase processuale, non ha lasciato soddisfatti i parenti delle vittime. Siamo consapevoli dell’importanza che ha questa indagine e siamo in contatto costante con la terza commissione d’inchiesta». 

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