Gazzetta di Reggio

Reggio

«La mia pratica è ferma all’Inps, i soldi della cassa integrazione non arrivano»

«La mia pratica è ferma all’Inps, i soldi della cassa integrazione non arrivano»

Reggio Emilia, l’odissea di Mauro Malagoli, ex dipendente del caseificio Boiardo in località San Maurizio

4 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia «Una mazzata dopo l’altra, ho imparato che non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto. E oggi chiedo aiuto a Reggio, la mia città: da quasi un anno non riesco ad avere il pagamento degli ultimi tre mesi di cassa integrazione e non so più cosa fare. Parliamo di 3.000 euro e quei soldi mi servono come l’aria per raggiungere la pensione, che è ad un passo. E mi servono per non sprofondare: mantengo una sorella disoccupata con una disabilità al 60%, se la vita aveva un modo per bastonarmi devo dire che ci è riuscita alla grande». Sono le parole commoventi di Mauro Malagoli, 61enne reggiano, ex dipendente del caseificio Boiardo in località San Maurizio, che ha cessato l’attività nel marzo del 2024.

Un uomo dai modi gentilissimi, armato solo di pazienza e dignità per gestire l’odissea incredibile che ha portato a Roma la sua pratica per la cassa integrazione che ancora non arriva.

«Vivo appeso a un filo». Mauro si è rivolto alla Fai Cisl di Reggio Emilia e per lui si sono mobilitati il sindacato e la parte datoriale, in una inedita alleanza.

«Lavoro in agricoltura spaccandomi la schiena da quando avevo 15 anni. Per quasi 12 anni mi sono occupato del giro del latte per il caseificio. Sveglia alle 4.30, partenza poco dopo verso le stalle reggiane e modenesi, 365 giorni l’anno, perché le mucche fanno il latte anche a Natale, Pasqua e Ferragosto – prosegue Mauro –. Era il mio lavoro, l’ho amato facendo tutto, anche seguendo la manutenzione dei mezzi senza prendere un euro in più. Nel 2023 il caseificio ha chiuso e ci ha messi in cassa integrazione speciale, pagata 950 euro al mese. Ho dovuto chiedere soldi ad una finanziaria, perché i primi assegni Inps mi sono arrivati quattro mesi dopo e mi è capitato di tutto. Quel denaro mi serviva per pagare il funerale di mia madre, per mantenere mia sorella che aveva rinunciato al lavoro per seguire la mamma, dato che non potevamo permetterci una badante. E quel lavoro, a quasi 60 anni, mia sorella non l’ha più ritrovato. Non sono ancora riuscito a completare le procedure per eseguire il testamento perché il notaio va pagato subito; ho scoperto perfino che il vecchio casolare di mia madre aveva dei problemi amministrativi e ho speso tutto quel che restava per pagare un geometra. Ogni giorno vivo appeso ad un filo, questa è la mia vita».

Roberto Pinotti è il sindacalista Fai Cisl che segue il lavoratore. Di lui Mauro parla come un fratello: «Devo dirgli grazie, ormai è parte della mia famiglia, per noi ha fatto tutto e anche di più». Il punto di Pinotti è chiarissimo: «Per nove mesi, dal marzo al dicembre 2023 Inps ha pagato la cassa integrazione straordinaria a Mauro, approvando senza problemi la domanda presentata dalla proprietà del caseificio. Sul finire del 2023, l’azienda ha deciso di chiedere gli ultimi tre mesi di cassa cui aveva diritto (12 in tutto, ndr), coprendo il primo trimestre del 2024. Trimestre mai versato a Mauro e vorremmo capire come mai quello che per nove mesi è stato un diritto ora è diventato un pantano. Parliamo della stessa azienda e degli stessi lavoratori».

Daniele Donnarumma, leader della Fai Cisl Emilia Centrale, evidenzia che «Inps Reggio ci ha dato tutto il suo supporto, sappiamo che la pratica non è stata bocciata ma è ferma in un limbo. Ora chiediamo alla sede centrale di Inps Roma e al Ministero del Lavoro di aiutare Mauro: ha aspettato quasi un anno, se ora arrivasse rapidamente l’ok potrebbe andare in pensione a febbraio del 2025 e salvarsi, letteralmente. Sindacato e azienda sono a disposizione».

Quando il caseificio San Maurizio ha chiuso definitivamente, ha licenziato il personale con una procedura consensuale davanti all’Ispettorato del lavoro. Una pratica di routine ma non per la società finanziaria cui si era rivolto Mauro, che si è rifiutata di far scattare la polizza assicurativa che tutela chi ha perso il lavoro. Il motivo lo spiega Mauro: «Si sono attaccati al fatto che è stato un licenziamento consensuale. Il massimo che ho ottenuto è stato lo spostamento in avanti delle ultime due rate. Con quello che sto passando andrebbe ko anche un leone, faccio finta di niente, con gli amici dico che va tutto bene ma non è così – chiosa Mauro –. Vorrei solo avere indietro un po’ di serenità e dignità: raccontando la mia storia spero che Reggio, le sue istituzioni e suoi giornali possano darmi una mano arrivando fino a Roma. Grazie di cuore, in anticipo». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA