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L’imprenditrice Laura Mesoraca di L’Art de l’Argent: «Creiamo gioielli con significato»

Matilde Bisceglie*
L’imprenditrice Laura Mesoraca di L’Art de l’Argent: «Creiamo gioielli con significato»

«Anche se molte volte la parte dello sviluppo può partire da me, perché dentro al brand c’è molto la mia filosofia di vita, le idee in realtà sono di tutto il nostro team»

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La passione per l’artigianato di Laura Mesoraca l’ha portata a creare, insieme al marito Salvatore, il suo brand di gioielli: L’Art del l’Argent, che trova casa nel negozio della coppia in via Farini, nel cuore del centro storico di Reggio Emilia. Questo non vuole essere un semplice marchio di accessori (prevalentemente in argento 925, ma anche in oro): i suoi sono gioielli sartoriali con un significato, che possano diventare ricordi importanti per tutti i loro clienti.

L’abbiamo intervistata.

Laura, da dove nasce questa sua passione per l’oreficeria?

«Sin da piccola sono sempre stata una persona creativa, però con il tempo ho messo un po’ da parte questa mia vena artistica e ho fatto altri tipi di studi. Ma alla fine si è rivelata sempre più forte di me e un giorno ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dell’oreficeria, capendo di aver trovato il mio posto». 

Quindi non ha fatto un percorso di studi specializzato, ma era un hobby che ha coltivato nel tempo?

«L’ho fatto un percorso specializzato ma solo in un secondo momento, perché i miei studi in realtà si sono basati su materie più scientifiche e umanistiche. Quando ho capito che era quella la mia strada mi sono affidata a una scuola specializzata di oreficeria: l’Accademia delle Arti Orafe a Roma, dove ho perfezionato tutte le tecniche e sono riuscita a dare sfogo alla mia creatività».

Com’è nata l’idea del suo brand? Il nome L’Art de l’Argent da cosa deriva?

«A casa con mio marito, in un momento non troppo bello per noi, decidemmo di avvicinarci al mondo dell’oreficeria. L’abbiamo fatto insieme e adesso Salvatore è anche il mio socio. Quando ci trovammo a dover scegliere il nome per la pagina social, che è un po’ da dove tutto è partito, Salvatore propose il nome “Arte dell’Argento”. Però secondo me non suonava molto bene in italiano, così proposi una versione francese del nome: L’Art de l’Argent, più dolce ma anche molto di carattere».

Le idee per i gioielli vengono tutte da lei e Salvatore, oppure anche dai vostri collaboratori?

«Anche se molte volte la parte dello sviluppo può partire da me, perché dentro al brand c’è molto la mia filosofia di vita, le idee in realtà sono di tutto il nostro team, con il quale c’è proprio un’unione. Parlando tra di noi cerchiamo di mettere insieme le idee e ricavarne la cosa migliore. La nostra è come una famiglia, infatti ci piace chiamarla “Family dell’Art”».

Qual è il suo pezzo preferito tra tutti quelli che avete realizzato finora?

«Sono tanti. C’è da tenere a mente che tutto quello che noi facciamo non è soltanto per moda ma per un senso: la mia filosofia di vita si fonde con il mio lavoro e questo dà vita a dei pezzi che hanno dei significati e magari realizzati anche con delle tecniche particolari. Quindi non ho un gioiello preferito, ma ogni volta, in evoluzione, faccio nascere sempre qualcosa di nuovo e significativo. Ci sono molti pezzi che io porto addosso e che per me sono gioielli che hanno una potenza».

Quindi per lei i gioielli sono una vera e propria forma d’arte, un qualcosa con il quale esprimersi.

«Sì, per me è proprio così. Per alcune persone è davvero molto importante essere accompagnate durante le giornate da frasi o mantra molto significativi incisi nei nostri gioielli».

Per lei è meglio puntare su prodotti abbastanza “abbordabili” per tutti a livello di prezzo, in modo che ciascuno possa avere il proprio gioiello come ricordo?

«Sempre facendo riferimento alla mia filosofia di vita, utilizzo molto materiali di alta qualità, che sono tutti metalli preziosi, ma anche pietre e diamanti. Cerco comunque di proporre gioielli con dei prezzi onesti per far sì che siano accessibili tutti».

Secondo lei quali saranno gli sviluppi futuri nel campo dell’oreficeria a livello globale?

«Il gioiello sta riprendendo vita per quello per cui era nato nell’antichità, quando era solo una forma estetica ma portava con sé dei significati: poteva voler dire appartenenza a una tribù, ad una famiglia, o simboleggiare un legame amoroso. Con il tempo questa cosa è andata a perdersi ma piano piano sta tornando e ancora più forte di prima. Secondo me perché legato al gioiello in sé non c’è solo l’appartenenza o l’emozione, ma anche proprio un significato quotidiano di vita. Se fatto nel giusto modo il campo dell’oreficeria ha una potenzialità pazzesca».

Da professionista che consigli si sente di dare a ragazzi che vorrebbero intraprendere il suo stesso percorso? Magari creando il proprio brand non appena concluso un percorso di studi simile al suo.

«Quando si para di gioielli oggi bisogna sapere mescolare due cose: il progresso da una parte, la passione e l’amore per l’oreficeria dall’altra. Bisogna anche tener conto di un altro fattore: nell’idea di futuro in questo campo può esserci anche un ritorno alle origini. Tenere a mente queste cose e lasciarsi trasportare dalle emozioni credo possa essere un’arma vincente». 

*Studentessa del liceo Chierici di Reggio Emilia