Reggio Emilia, si laurea con una tesi su via Turri
Il ventiduenne reggiano Simone Todaro racconta la sua tesi
Reggio Emilia Prendete un quartiere problematico. Poi prendete un giovane che in quel quartiere ci ha vissuto e fatelo appassionare all’Urbanistica. Attenzione: se mescolate il tutto rischiate di trovarvi tra le mani qualcosa di mai visto prima. Tipo un magazine che racconta il quartiere e non contento si mette in mezzo, con l’intento di riuscire dove fin qui la politica ha fallito: ovvero far convivere in modo consapevole – in una parola, dialogare – tutte le anime di questo quartiere, dando voce alla musica che tante, troppe volte è stata sovrastata dal rumore della cronaca nera e del degrado.
Questa è la storia di un magazine, anzi di una tesi magazine discussa da Simone Todaro, 22 anni, passati in gran parte nel quartiere della stazione, fresco di laurea triennale al Politecnico di Milano.
«L’idea di una tesi fatta a magazine – racconta Todaro – mi è venuta dopo la mia esperienza in Erasmus, che mi ha permesso di incontrare questo mezzo di comunicazione utilizzato per promuovere un territorio inteso come insieme di storie e peculiarità. Negli Stati Uniti ogni città ha il suo magazine: uno studio della Linfield University in Oregon ha analizzato l’impatto dei City Magazine sulla cultura, sull’identità e sul senso di appartenenza, dimostrando come su larga scala il meccanismo dell’auto-raccontarsi e della narrazione può influenzare realmente come le persone vivono un luogo». Le potenzialità di un magazine, secondo Todaro, va oltre l’iniziativa editoriale: « Una rivista potrebbe essere un prodotto capace di mettersi in mezzo, di parlare a diversi strati con i quali ha a che fare un luogo urbano. Può avere il linguaggio tecnico dell’amministrazione e raccontare la storia nascosta del piccolo quartiere, non spaventa come uno strumento tecnico, ma raccoglie la voce della gente in modo efficace, può attrarre saperi non tecnici. Uno strumento che già esiste, in forme varie e diverse, in molti paesi di cultura anglosassone, dove qualunque luogo ha una sua rivista, ce l’ha il negozio, la città, il quartiere». E nessun luogo offre più spunti della zona di via Turri e della zona della stazione.
Testimoni
Nella prima parte della sua tesi-magazine Todaro affronta il tema dei locali pubblici, gli esercizi commerciali, la cui nascita e morte, nonché le mutazioni che attraversano il lasso di tempo che passa tra la prima volta che si alza quella saracinesca e la volta che si abbassa per sempre. E c’è spazio per i ricordi del nonno barista in via Eritrea o per la storia di Luigi, il primo cinese a sbarcare a Reggio Emilia, con la sua famiglia, negli anni 70, aprendo il primo ristorante cinese in viale IV Novembre.
Invero, un magazine che racconti via Turri non può prescindere dall’elenco dei problemi che in questo caso sono denunciati e spiegati da coloro che vivono lì. E si parla ovviamente di degrado e di spaccio e prostituzione, ma con l’occhio del residente che individua i problemi e avanza richieste e ipotizza soluzioni.
Poi il Magazine di via Turri sottolinea anche tutte le iniziative, mai abbastanza pubblicizzate o comunque troppo spesso sovrastate dalla cronaca nera, che sono fiorite negli anni in quel quartiere: da Binario 49, a Spazio Raga, fino a BoxRest.
Musica in garage
BoxRest è il nome del gruppo whatsapp nel quale sono stato aggiunto da Cristian, il punto di riferimento della comunità di musicisti che popola il sottosuolo in zona Via Turri, e nostro fixer. E’ stato lui il primo a raccontarmi questa storia, e ad invitarmi ad andare a vedere. Il racconto di garage sotterranei trasformati in sale prove è una storia nascosta, molte persone ne hanno sentito parlare, a volte, ma nessuno realmente conosce. Inizialmente, da fuori, si pensa ad un luogo aggressivo, da band punk o rapper di zona, ma una volta scesi al piano dei Box, la situazione è ben diversa da come ci si aspetta. Dagli anni 90 sono stati man mano affittati decine e decine di garage, inizialmente solo qualche band della zona, poi la voce si è sparsa e man mano una fitta rete di contatti si è stabilita. “Chi è nel giro ci trova, ci si passa la parola, se qualche garage va è sfitto lo veniamo a sapere e qualche nuovo musicista arriva”».
Poi la tesi di Todaro si focalizza sui protagonisti di questo tentativo di rinascita. E il primo è sicuramente l’astrofisico ceramista Claudio Melioli il creatore e responsabile di Binario 49, il centro culturale polifunzionale di Via Turri. «È una figura chiave del quartiere – spiega Todaro nella tesi – intorno a lui gravitano gran parte dei progetti legati alla zona, con lui si relazionano gli abitanti e le istituzioni, grazie a lui è stato possibile conoscere molte delle storie raccontate, e per questo motivo a lui è dedicata la cover story, la storia centrale di questo numero. Durante la lunga intervista svolta per conoscere i retroscena che lo hanno portato ad essere nella posizione nella quale ora è, abbiamo affrontato diversi temi, a partire dalle origini, dai viaggi, dalle passioni che lo hanno portato lontano da casa, fino al ritorno a casa, alla creazione di Binario e a tutto ciò che ne è conseguito. La vita e il futuro del quartiere dipendono in qualche modo anche dal Binario 49». Ma non solo: serve anche la politica e in questo senso si inquadra l’intervista che il neo laureato ha fatto al vice sindaco Lanfranco De Franco, tra i protagonisti degli ultimi dialoghi con il quartiere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA