Verso il reato di femminicidio: «Istituirlo introdurrebbe anche il reato di violenza domestica»
Intervista al procuratore capo di Tivoli, Francesco Menditto: «Ci consentirebbe di lavorare meglio e riconoscere la specifica violenza ai danni delle donne»
Roma Leggi italiane, contro la violenza di genere, all’avanguardia nel mondo. Strumenti normativi efficaci, ma andrebbero introdotte le tipologie di reato di “femminicidio” e di “violenza domestica”e infine, il braccialetto elettronico è uno strumento utile, il cui impiego negli ultimi anni è aumentato del 1.900% dopo l’obbligo di applicazione, nei casi meno preoccupanti, al maltrattante e alla vittima. Sono i cardini dell’intervista al procuratore capo di Tivoli, Francesco Menditto, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il magistrato, è pioniere della cosiddetta azione “integrata” per fare emergere i reati di violenza di genere, nei confronti dei minori e per la tutela delle vittime, inoltre, Menditto, ha adottato una specifica direttiva alla polizia giudiziaria e linee guida per l’applicazione del Codice Rosso.
Spiega il procuratore capo di Tivoli: «La violenza contro le donne è un fenomeno criminale come la mafia e solo conoscendolo si possono migliorare gli strumenti di protezione. Bisognerebbe introdurre il reato di femminicidio, che esiste in altri paesi, che ci consentirebbe di lavorare meglio e riconoscere la specifica violenza ai danni delle donne e creare il delitto di violenza domestica, mentre attualmente applichiamo il delitto di maltrattamenti che è complesso da dimostrare». Il procuratore ha poi aggiunto: «In questa Procura della Repubblica grazie all’azione collettiva e allo sforzo collettivo, in 5 anni le denunce per violenza domestica sono raddoppiate e nell’ultimo anno abbiamo registrato un aumento del 30%». Rispetto a quella che potrebbe essere invece, una riduzione del drammatico fenomeno dei reati da Codice Rosso, Menditto ha sottolineato che: «Abbiamo 1. 300 procedimenti penali all’anno per il codice rosso, e su una media di 250 casi otteniamo misure di protezione. Il fenomeno della violenza è strutturale e viene da secoli e dalla discriminazione della donna. Queste ultime, spesso neanche riconoscono quando ci sono atti di violenza come ad esempio il controllo ossessivo» – e conclude: «Ci vorrà ancora molto tempo».
Il 2 dicembre alla Corte d’Appello di Roma, in via Varisco 3, si terrà la presentazione de “Il nuovo Codice Rosso – Il contrasto alla violenza di genere e ai danni delle donne nel diritto sovranazionale e interno”, scritto da Menditto, e dalla consigliera della Corte di Cassazione Paola Di Nicola Travaglini. Paura di denunciare Ancora paura e vergogna a denunciare le violenze, ma il trend dei procedimenti aperti nei tribunali è più che raddoppiato. Dall’introduzione del Codice Rosso, avvenuta nel 2019, sono stati introdotti, nel quinquennio, diversi adeguamenti normativi per accelerare le procedure di applicazione delle misure per evitare che la violenza, specie tra coppie, possa degenerare in femminicidio. Oggi, Giornata nazionale contro la violenza sulle donne, gli addetti ai lavori, hanno fatto il punto rispetto al grave fenomeno concordando sul fatto che la strada, per ridurre drasticamente le violenze contro le donne, è ancora lunga, in quanto questione culturale. La commissaria della Polizia Elisabetta Accardo, portavoce della questura di Roma, ha sottolineato invece: «È fondamentale per le forze di polizia intercettare queste donne e convincerle a denunciare prima che il problema diventi grave. C’è un amore malato di cui le donne non si rendono conto. Il nostro compito è quello di aiutarle a capire che quel piccolo segno di violenza di cui non si rendono conto in realtà, altro non è che un primo segno che va denunciato per evitare che degeneri in un femminicidio». Le nuove frontiere della prevenzione, repressione e tutela della parte offesa, passano anche per il controllo dei maltrattanti attraverso i dispositivi elettronici, come spiega la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, Emanuela Attura: «Credo nell’efficacia del dispositivo di controllo da remoto, mi sono capitati diversi casi in cui dopo l’applicazione, ha fatto immediatamente scattare l’intervento delle forze dell’ordine».l