Gazzetta di Reggio

Reggio

L’emergenza povertà

La Caritas cerca alloggi sfitti da assegnare. «Quella dei dormitori non può essere una risposta»

Massimo Sesena
La Caritas cerca alloggi sfitti da assegnare. «Quella dei dormitori non può essere una risposta»

Il direttore Gollini: «In un anno le persone che si sono rivolte al Centro d’ascolto o alle parrocchie sono cresciute del 21%»

3 MINUTI DI LETTURA





Reggio Emilia Lavoro povero, emergenza abitativa, marginalità sociale, dipendenze. Impossibile scegliere nel mazzo delle croci che un sempre maggior numero di poveri cristi porta sulle spalle ogni giorno, nella quasi totale indifferenza di noi che ci lamentiamo dei nostri problemi, quasi fossimo gli unici, ma soprattutto ignari del fatto che al posto di questi invisibili potremmo esserci noi. Lo dice una mai sorpassata saggezza popolare, ma lo dicono anche e soprattutto i numeri. Secondo l’ultimo Rapporto 2024 della Caritas italiana la povertà assoluta interessa ormai quasi 5,7 milioni di persone, con una diffusione del lavoro precario e sottopagato e l’aumento delle difficoltà abitative. E quel numero così grande spaventa ma non per le dimensioni, piuttosto per il fatto che è cresciuto in maniera molto significativa dal periodo pre-Covid (4,6 milioni nel 2019) ad oggi.

Casa e lavoro
Sono queste le due ferite che sanguinano di più anche a Reggio e la prova sta nel fatto che tutti i servizi vengono chiamati in causa: da quello sanitario pubblico, alle stesse organizzazioni caritatevoli di cui la Caritas è in qualche modo il capofila, per arrivare fino ai servizi comunali e far dire al sindaco del capoluogo, Marco Massari – proprio da queste colonne – che la vera emergenza per Reggio è la povertà in tutte le sue forme.

Il rischio dell’abitudine

Quando chiediamo al direttore della Caritas Diocesana, Andrea Gollini quale sia la più grave delle emergenze reggiane, lui risponde che «l'emergenza più grave è il rischio che corriamo tutti noi di abituarci alla sofferenza degli altri e ignorarla. Il compito principale della Caritas ancora prima che aiutare materialmente chi ha bisogno è promuovere una cultura della solidarietà in cui tutti sentono come propria la responsabilità verso i fratelli. Posso dire che la nostra città e provincia sono sempre sensibile tuttavia occorre davvero l'impegno di ognuno (e tutti possono fare qualcosa) per creare un contesto che si prenda cura di tutti».

Senza una casa
Gli ultimi dati a disposizione della Caritas reggiana sono quelli elaborati nel report "Tutti fratelli e sorelle" e si riferiscono al 2023. Ebbene, nel 2023, le persone seguite dal Centro di Ascolto diocesano sono cresciute di circa il 21%, passando da 769 a 929, e le persone senza dimora rappresentano più del 60% degli utenti. Questo riflette una situazione abitativa critica, con molti che vivono in condizioni di estrema precarietà o privi di un tetto stabile. Invero, anche a Reggio, i poveri non sono tutti uguali. Le persone senza dimora, che rappresentano oltre il 60% degli utenti del Centro di Ascolto diocesano, sono in maggioranza uomini, spesso di origine straniera, da un punto di vista dell’età le persone senza dimora tendenzialmente se sono stranieri sono giovani se sono italiani sono invece più avanti con gli anni . Dalla fotografia della situazione all’azione. Così è stato per la Caritas diocesana che proprio sul tema della emergenza casa ha deciso di sperimentare una risposta diversa da quella che finora è stata circoscritta ai dormitori.

«In questi anni – spiega ancora Gollini – abbiamo visto che quella dei dormitori può non essere una risposta adeguata e per questo abbiamo deciso di dar vita al progetto “Na cà in cò” che mira a coinvolgere chi dispone di case sfitte per metterle a disposizione di chi non ha un tetto sulla testa». Invero in questo momento il progetto riguarda tre immobili, due dei quali erano già a disposizione della Caritas, mentre l’altro è stato messo a disposizione da un cittadino. Quattro le persone che vivono in questi immobili: una donna che vive sola, un uomo che vive solo e due uomini che convivono – senza essere legati da alcun vincolo – nell’appartamento più grande dei tre. «Ma ovviamente la speranza è che il progetto trovi nuove adesioni» l © RIPRODUZIONE RISERVATA