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La proposta

«Un deterrente per i ladri? Chiudere in gabbia le bici»

Massimo Sesena
«Un deterrente per i ladri? Chiudere in gabbia le bici»

Raffaella Monti presidente provinciale di Fiab-Tuttinbici: «Come avviene già a Modena e Genova, ma per il Comune di Reggio Emilia al momento il problema sono i costi»

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Reggio Emilia «È vero, le nostre bici continuano a viaggiare anche senza di noi». Raffaella Monti è la presidente provinciale dela Fiab-Tuttinbici, l’associazione che in tutta Italia si adopera per la diffusione di una cultura della bicicletta come mezzo di trasporto d’elezione soprattutto se si vuole non peggiorare ulteriormente la situazione del nostro pianeta. Battaglie ambientaliste a parte, come tutti coloro che si ostinano a utilizzare la bicicletta, anche la presidente della Fiab ha le sue “ferite” nella guerra contro i furti di biciclette. «Me l’hanno rubata in via Farini, di giorno, e nonostante fosse assicurata a una di quelle catene tra le più costose» dice. «Il tema – spiega Monti – è sicuramente sentito e periodicamente ci incontriamo con le istituzioni per cercare soluzioni che almeno possano arginare il fenomeno che non accenna a spegnersi, almeno per quella che è la nostra percezione».

E questi incontri hanno prodotto qualche risultato?

«Noi abbiamo formulato una serie di proposte, e una di queste è quella rivolta alle forze dell’ordine a cui abbiamo prospettato la possibilità di dar vita a una banca dati che raccolga le denunce di furto, corredate magari anche di fotografie, e raccolga anche l’archivio delle biciclette recuperate. In pratica si tratterebbe di informatizzare il lavoro che ha per fulcro il magazzino comunale di via Mazzacurati, dove finiscono oltre agli oggetti smarriti, anche le biciclette oggetto di furto e recuperate dalle forze di polizia».

Tutto qui? Informatizzare il magazzino di via Mazzacurati?

«Ovviamente no. Sappiamo tutti che le nostre biciclette viaggiano anche senza di noi e non mi stupisce la notizia secondo cui le bici rubate qui vengano ricettate altrove. Ecco perché per essere efficace, questa banca dati dovrebbe essere almeno regionale».

Resta il fatto che quando si denuncia il furto, significa che non si è riusciti a evitarlo. A suo avviso, cosa si può fare per arginare il fenomeno?

«L’idea che abbiamo lanciato anche a Reggio è quella delle gabbie che sono già state adottate in diverse città, come ad esempio la vicina Modena, davanti alla stazione ferroviaria, e anche a Genova».

Di cosa si tratta?

«Si tratta di spazi chiusi, recintati e coperti in cui è possibile accedere attraverso un’app o una tessera magnetica e depositare temporaneamente la propria bicicletta».

Dove potrebbero essere sistemate queste “gabbie”?

«Noi pensiamo che andrebbero messe in alcuni punti strategici della città, e in alcuni casi potrebbero andare a sostituire le poco efficaci rastrelliere. Penso ad esempio all’area attorno al Teatro Valli, nella piazza dietro il municipio, alla ex Zucchi dove ha sede l’Università, tanto per indicare due o tre luoghi».

Magari anche davanti alla stazione in piazzale Marconi...

«Per la verità, in piazzale Marconi c’è già un deposito nel seminterrato, quasi sullo stesso piano del parcheggio sotterraneo delle auto, dove peraltro si trovano le bici del bike-shering. Probabilmente però pochi ne conoscono l’esistenza, almeno a giudicare dall’affollamento di biciclette parcheggiate all’aperto in superficie».

E la risposta del Comune a questa vostra proposta qual è stata?

«La prima preoccupazione mi è parsa essere relativa ai costi, al punto che abbiamo dovuto avviare una serie di approfondimenti in questa direzione. E alla fine, in uno degli ultimi incontri che abbiamo avuto con l’assessorato alla mobilità, mi è parso di capire che una soluzione potrebbe essere legata al rinnovo della convenzione per la gestione dei parcheggi. E la possibilità di inserire anche la gestione di queste “gabbie” nella nuova convenzione sui parcheggi potrebbe effettivamente risolvere il problema dei costi».

Anche queste gabbie dovrebbero comunque avere un gestore?

«Sicuramente avrebbero bisogno di qualcuno che possa occuparsi della manutenzione. E poi, inevitabilmente dovrà essere pensato un regolamento che, ad esempio, garantisca la rotazione e più in generale il carattere temporaneo dell’utilizzo di questi stalli protetti». © RIPRODUZIONE RISERVATA