Gazzetta di Reggio

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Focus sui giovani

Adolescenti, dalla pandemia aumentati in modo vertiginoso i tentativi di suicidio

Roberto Valgimigli*
Adolescenti, dalla pandemia aumentati in modo vertiginoso i tentativi di suicidio

Lo scorso anno le richieste di aiuto sono aumentate del 60% rispetto al 2020. Il primo supporto parte dai genitori

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Dopo gli ultimi casi di cronaca, sono aumentati i dibattiti e le riflessioni sull’analisi delle ideazioni suicidarie fra i giovani. Questo fenomeno è notevolmente aumentato negli ultimi anni a livello mondiale, in particolare tra gli adolescenti come effetto psicosociale della diffusione di Covid-19. Non sembra infatti che sia stato tanto il virus a far dilagare il problema, quanto la brusca interruzione delle relazioni “faccia a faccia” che ne è conseguita, e poi la successiva accelerazione della interazione umana; processo che ha generato una crescita esponenziale di ansia, depressione e altre emozioni negative primarie tra i giovani (rabbia, ansia, tristezza). È proprio durante la pandemia di Covid-19 che le organizzazioni sanitarie hanno iniziato a registrare un aumento vertiginoso delle visite al pronto soccorso legate alla salute mentale tra soggetti con età compresa tra 12 e 17 anni, con un aumento dei sospetti tentativi di suicidio del 50,6% tra le ragazze di età compresa tra 12 e 17 anni e del 3,7% tra i loro coetanei maschi rispetto al 2019.

Questo effetto della pandemia è stato tutt’altro che passeggero: al contrario, si è cronicizzato con il trascorrere del tempo. I dati indicano già dal 2023 che le richieste di aiuto da parte di persone che pensano al suicidio o temono il possibile suicidio di qualcuno loro vicino sono aumentate del 60% rispetto al 2020 e in particolare appunto tra i giovani. Ci si domanda quali possano essere oggi le problematiche o le paure dei giovani per arrivare a pensare ad un gesto così estremo. Nonostante sia stato dimostrato che sia il suicidio, sia l’ideazione suicidaria costituiscono costrutti sociali che dovrebbero essere analizzati in riferimento alle norme e agli atteggiamenti socio-culturali di ciascuna comunità, è diffusa convinzione che si tratti di problemi originati da fattori individuali. A parte le implicazioni psichiatriche, suicidio e ideazione suicidaria rappresentano quindi fenomeni multifattoriali. Eppure, la tendenza prevalente legge questi problemi come connotati da cause psicologiche e il dolore mentale diventa la fonte della sofferenza per coloro che sperimentano desideri suicidari Una ricerca ideata e condotta nel 2023 dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) ha evidenziato che i pensieri suicidi scaturiscono da una compromissione della salute mentale caratterizzata da ansia, depressione, basse autostima, infelicità, alta intensità di emozioni primarie negative e un atteggiamento negativo verso il futuro.

Questi aspetti sono però solo sintomi e non cause del problema, ossia sintomi della presenza di una stretta e insoddisfacente rete amicale, di relazioni qualitativamente scarse con pari e genitori, di problemi di rendimento scolastico, iperconnessione, insoddisfazione corporea e anche di coinvolgimento come vittime in episodi di bullismo e cyberbullismo. Non è la prima volta, purtroppo, e probabilmente non sarà l’ultima, che assistiamo a reazioni sproporzionate o addirittura folli, a episodi di violenza verso gli altri (docenti e dirigenti compresi) o verso se stessi a seguito dei problemi sopra citati. Certo, non è mai piacevole prendere un brutto voto o subire un rimprovero, fino alla nota scolastica; tuttavia, queste reazioni non sono figlie di simili episodi in senso stretto, ma di un contesto sociale, culturale e psicologico che è maturato in questi ultimi anni. Tanto è vero che una volta era rarissimo che si verificassero, mentre oggi sono quasi all’ordine del giorno.

Chiediamoci: come mai, fino a pochi decenni fa, il brutto voto (o la nota) non suscitavano le medesime reazioni? Che cosa è cambiato? Perché, oggi, l’insuccesso è percepito come una tragedia e la scuola finisce sempre sul banco degli imputati? Risulta invece ancora abbastanza complessa la relazione tra bullismo e comportamenti suicidari. Vari fattori sembrano intervenire nella relazione: la presenza di comportamenti autolesivi durante l’anno precedente sembra essere il predittore maggiormente rilevante per la successiva comparsa dei suddetti comportamenti. Una notevole rilevanza sembrano averla anche l’abuso sessuale, la presenza di una patologia mentale ed essere scappati di casa nell’anno precedente come fattori che possono aumentare la probabilità di pensieri e comportamenti suicidiari nelle vittime dei persecutori. Queste ricerche prima citate mostravano che c’è una relazione tra bullismo e depressione, cioè sembra che i ragazzi che sono vittime di bullismo possano diventare depressi, ma sembra anche vero che gli adolescenti depressi abbiano una maggiore probabilità di essere vittima di bullismo. In particolare, il bullismo omofobico, che si caratterizza come un insieme di comportamenti finalizzati a far sentire i giovani adolescenti isolati o non accettati a causa del loro orientamento sessuale, sembra far breccia più facilmente su quegli aspetti depressivi più negativi, che associati alla vergogna e ad una mancanza di supporto, li possono portare ad ideazioni suicidarie.

Ed eccoci dunque a quella che pare essere la attuale ancora di salvezza per questi giovani che talvolta reagiscono in maniera estrema: il supporto emotivo dei genitori. Già, perché è proprio la paura di non riuscire, da soli, a superare alcune problematiche che fa la differenza e, anche se spesso si fa appello alla scuola, ai social o agli specialisti per trovar un aiuto, dobbiamo prima di tutto partire dal nostro modo, di noi genitori, di dare supporto ai nostri figli. Lo psicoanalista Massimo Recalcati in un suo articolo diceva che “riuscire a vedere davvero un figlio, o una figlia, significa farli sentire desiderati per ciò che sono, cercando di accogliere quella distanza che c’è fra noi e loro, anziché cercare di correggerla o annullarla, rivendicando, per loro e per noi, il diritto all’imperfezione, all’incapacità di accontentare gli altri e alla possibilità di sbagliare”. Credo che il primo supporto stia dunque qui, perché chiunque si senta visto e accettato, alla fine non necessita di nascondigli o di fughe dalla vita.l                     *psicologo e psicoterapeuta