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Il caso

«Quel quadro fu rubato». Vittorio Sgarbi rischia fino a 12 anni di carcere

Serena Arbizzi
«Quel quadro fu rubato». Vittorio Sgarbi rischia fino a 12 anni di carcere

Per le indagini sull’opera di Rutilio Manetti l’artista di Montecchio Pasquale Frongia avrebbe avuto l’incarico di modificarlo

26 ottobre 2024
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Reggio Emillia Una perizia svolta direttamente sull’opera e la testimonianza dell’artista di Montecchio (Reggio Emilia) Pasquale Frongia, il quale avrebbe raccontato ai carabinieri che Vittorio Sgarbi gli avrebbe commissionato un’operazione di “maquillage” sul dipinto. Queste le due novità principali emerse in questi mesi d’indagine del reparto operativo dei carabinieri Tutela patrimonio culturale, coordinati dalla Procura di Macerata, riguardo all’opera raffigurante “La cattura di San Pietro”, attribuita al pittore senesi Rutilio Manetti.

In una fase iniziale, i militari ipotizzavano che il dipinto potesse corrispondere a quello censito nella “Banca dati opere d’arte illecitamente sottratte”, in uso al Comando della Tutela patrimonio culturale, dopo il furto avvenuto il 14 febbraio 2013 nel castello di Buriasco (Torino), di cui si accorse la proprietaria Margherita Buzio che presentò denuncia. Poi è avvenuta la perquisizione a carico del critico d’arte nel corso della quale è stata trovata l’opera del Manetti e la copia in 3d della stessa opera. I militari hanno sequestrato anche la cornice , il telaio e i frammenti di tela lasciati da chi l’ha rubata al castello di Buriasco. L’opera restaurata, dagli approfondimenti effettuati, sarebbe proprio quella rubata a Buriasco, nonostante il dipinto presentasse l’aggiunta di una torcia nella parte in alto a sinistra della tela. E qui si arriva a Montecchio.

Il pittore Pasquale Frongia avrebbe ricevuto l’incarico da Sgarbi di modificare il dipinto raffigurante “La cattura di San Pietro”, con l’aggiunta della torcia. Frongia ha confermato la notizia durante l’interrogatorio davanti ai carabinieri. E lo ha dichiarato anche ai giornalisti di Report e del Fatto Quotidiano che lo hanno ripreso mentre spiegava che inizialmente lui avrebbe voluto aggiungere un altro soggetto e non una torcia. Frongia, assistito dall’avvocato Tatiana Minciarelli, ha fatto sapere di non voler rilasciare dichiarazioni ufficiali. Le accuse mosse contro Sgarbi sono: contraffazione di opere d'arte, riciclaggio derivante dal tentativo di nascondere la provenienza delittuosa del bene e autoriciclaggio e rischia una condanna fino a 12 anni di carcere.

La Procura di Macerata ha inviato all’ex sottosegretario l’avviso di chiusura indagini. Secondo l’accusa, il dipinto, “coincide per materiali, tecnica esecutiva e morfologia del degrado con i frammenti consegnati dal denunciante del furto”. Ed è stata riscontrata la “correlazione dello schema di assemblaggio delle pezze di tela su cui è stato realizzato il dipinto, con i frammenti sulla cornice, la perfetta sovrapponibilità dei bordi della tela con quelli ancora presenti sul telaio». La modifica introdotta aggiungendo la torcia sarebbe riconducibile a “pigmenti di produzione industriale”: in altre parole, anche questi approfondimenti confermerebbero che la sua aggiunta sarebbe successiva. Il critico d'arte si è sempre dichiarato innocente e ha affermato che la torcia sarebbe sempre stata presente nel quadro: il quadro rubato sarebbe una “brutta copia”. Il critico d’arte aggiunge di aver ritrovato il Manetti a Villa Maidalchina di Viterbo, acquistata dalla fondazione Cavallini-Sgarbi nel 2000. «I miei difensori sono impegnati a ricostruire la realtà dei fatti, che ritengo comunque infondati – dichiara Sgarbi –. Ribadisco la trasparenza e la correttezza delle mie condotte. Ho quindi piena fiducia nei giudici che dovranno valutare il risultato delle indagini». l © RIPRODUZIONE RISERVATA