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Poveri, disperati, giovani e violenti: nella zona stazione dilaga il crack

Massimo Sesena
Poveri, disperati, giovani e violenti: nella zona stazione dilaga il crack

L’allarme lanciato sulla Gazzetta dal sindaco di Reggio Marco Massari trova conferme nella cronaca di tutti i giorni e nelle voci di chi vive in quartiere

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Reggio Emilia «Rubo per procurarmi la droga. Sono dipendente dal crack».Quando si presentano davanti al giudice all’udienza di convalida del fermo, dicono più o meno tutti così. E al di là del fatto che sia la solita litania, il rischio che sia – per tutti, o quasi – vero è decisamente alto. Allo stesso modo, non è difficile credere che buona parte dei reati commessi ogni giorno nell’area compresa tra Piazzale Europa passando per piazzale Marconi, via Turri e dintorni, viale IV Novembre, via Eritrea e dintorni, sia legato al consumo di questa droga devastante per gli effetti che può avere sia sul piano della salute psichica di chi ne fa uso, sia sul fronte sociale per gli effetti collaterali che la diffusione di questa droga produce.

Che cos’è
Il crack si ottiene mescolando cocaina con bicarbonato o ammoniaca, ma a volte capita anche di trovare cristalli di crack dati dalla “saldatura” di cocaina e piccole molecole di plastica. Arriva in Italia negli anni 80 dagli Stati Uniti, come la “cocaina che si fuma”. Chi si fa di crack è spesso giovanissimo, lo si deduce anche dal fatto che bastano davvero pochi euro per comprarsi una dose. Ma questa sorta di droga a basso costo ha anche un’altra conseguenza: oltre che sui giovani, la diffusione di crack è sempre più vasta tra le persone più fragili e ai margini del tessuto sociale. Viene venduto in piccoli pezzi o rocce. Il suo effetto, data la cristallizzazione, è più potente di quello della cocaina ma è anche più breve durando tra i 5 e i 10 minuti. Questo crea un ciclo di dipendenza molto più aggressivo perché i consumatori sono “costretti” a fumare più volte al giorno per tenere alto lo stato di eccitazione dovuto alla sostanza. La natura additiva del crack porta i consumatori a spendere grandi somme di denaro per mantenere la loro dipendenza, spesso portando a gravi conseguenze finanziarie e sociali. Essendo i consumatori continuamente a caccia di denaro per potersi rifornire della sostanza, spesso cadono nella microdelinquenza rubando e rapinando pur di recuperare la somma necessaria per la loro dipendenza. Il crack ha quindi un alto costo sociale per le società dove si annida.

Nelle scorse settimane, sui social, era stato diffuso un video di una strada vicina a piazzale Marconi. Nel cuore della notte si vedeva un uomo barcollare di fianco alle auto in sosta. A un certo punto l’uomo raccoglie da terra un tombino di cemento e lo scaglia contro il finestrino di un auto. Poi infila la testa dentro l’abitacolo. Poi passa all’auto successiva, sempre barcollando e sempre lanciando il pesante tombino. In quel caso, l’uomo era sicuramente sotto l’effetto di qualche sostanza e, a giudicare dal “piglio” metodico con cui si dedicava alle spaccate, c’è da scommettere che quella sostanza fosse proprio crack. Perché il crack, a differenza di altre droghe, fa subito effetto, scatenando aggressività e violenza. Che però, rispetto ad altri stupefacenti ha una durata più limitata. L’effetto , per capirci, si esaurisce di solito in cinque-dieci minuti. Che però sono minuti di inferno, in cui la persona che ha assunto questi cristalli diventa violento e non di rado è vittima di allucinazioni e altri stati di alterazione psicotica. Poi tutto passa? Non proprio: a differenza di quanto di norma accade con l’assunzione di cocaina tout-court , in cui alla fase di eccitazione segue quella della depressione, il crack crea una quasi immediata dipendenza. E questo significa che subito dopo che è svanito l’effetto della “pippata”, in chi si è fatto di crack subentra la necessità di farsi ancora. E questo significa che alla violenza e all’aggressività che erano l’effetto della dose, segue subito dopo la violenza di chi ha bisogno di farsi di nuovo e al più presto.

Rischi e costi sociali

Invero, la marginalità di chi si avvicina a questo tipo di droga rischia poi di aggravarsi proprio in ragione di questo tipo di dipendenza, che ha una serie di ritualità che mettono esse stesse a rischio la salute dei nuovi assuntori. Non a caso, chi in questi ambiti si occupa oltre che di prevenzione anche di riduzione del danno, sta adottando lo stesso principio che venne adottato negli anni passati per la dipendenza da eroina, quando si distribuiscono siringhe sterili e monouso. «Lo stesso – spiega Fabio Salati della “Papa Giovanni” – facciamo con le pipe per fumare il crack, distribuendo pipe sterili». E questo perché per diffondere il più possibile questa droga, non si esita ad offrire il primo “tiro”, senza andare troppo per il sottile sul fronte igienico. Non a caso, proprio il consumo di crack è tra le cause di diffusione dell’Epatite C. I costi sociali di questa piaga sono altissimi se si considerano poi gli effetti certi dal punto di vista psichiatrico sui tossicodipendenti da crack.l © RIPRODUZIONE RISERVATA