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Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro

«Mio padre morto d’infarto perché lavorava al freddo»

Serena Arbizzi
«Mio padre morto d’infarto perché lavorava al freddo»

La storia di Serena Tincani, che sul lavoro ha perso l’uso del braccio: per il genitore, mancato a 62 anni, ha vinto la causa legale

13 ottobre 2024
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Reggio Emilia Nel dicembre del 2013 ha subito un infortunio sul lavoro in seguito al quale ha perso la possibilità di usare un braccio. Nove anni dopo, nel dicembre 2021, un altro grande, immenso, dolore l’ha colpita: ha perso il papà, a soli 62 anni, sempre a causa di un infortunio sul lavoro. Serena Tincani viene da Carpineti, ha 38 anni ed è una combattente: non si è arresa quando ha dovuto reinventarsi e rinascere, dopo essere rimasta schiacciata sotto la carena di un camion. E proprio quando la sua vita sembrava ripartire con un nuovo corso, il suo papà, Franco Tincani, è deceduto.

Proprio un paio di settimane fa la famiglia di Franco, escavatorista di un’azienda edile, ha vinto la causa legale con cui è stato certificato che l’uomo è mancato in seguito a una vasocostrizione provocata dalle basse temperature alle quali non avrebbe dovuto lavorare. «Sono entrata in Anmil nel 2019 a seguito di un infortunio sul lavoro avvenuto nel dicembre 2013 – racconta Serena mentre ripercorre la sua storia dall’inizio –. Avevo tante domande alle quali, fino a quel momento, avevo trovato poche risposte, poi grazie ad Anmil ho superato quel momento. Ho subito un infortunio sul lavoro quando lavoravo in una piccola azienda di Carpineti che lavora nella vetroresina, con la produzione di pezzi di carrozzeria per mezzi pesanti. Ero lì da quattro anni: quel giorno, mentre stavo spingendo una carena da camion (quella parte in cui ci sono frecce e marca del mezzo pesante), questa è scivolata: era appoggiata sul carrello adibito allo spostamento, non era stata messa in sicurezza, quindi non era stata fissata al carrello su cui era appoggiata. È scivolata e io sono caduta in avanti, rimanendo incastrata e schiacciata con il braccio nel varco tra la carena e il carrello. Subito ho provato un dolore fortissimo, poi sono corsa in bagno d’istinto. Ho sfilato il braccio incastrato in quel varco che era davvero molto piccolo. Mi sono bagnata con l’acqua e sangue non ne vedevo, così mi sono detta: “Torno a lavorare”. Poi mi sono accorta che non sentivo più la mano».

Serena è andata al pronto soccorso dove le hanno prestato le prime cure e le hanno eseguito raggi e ingessatura. Dopo 10 giorni di prognosi è stata rimossa l’ingessatura ma il braccio era gonfio e presentava un ematoma diffuso. Le è stata diagnosticata la totale lesione dei legamenti del polso, con le ossa spostate rispetto alla sede originaria. «Poi, non avevo più la membrana che le tiene unite – aggiunge la 38enne –. Ho affrontato due interventi chirurgici: purtroppo non hanno dato il risultato sperato. L’ortopedico che mi aveva in cura mi comunicò che non avrei più mosso il polso e l’intera funzionalità di mano, dita e dell’intero braccio, era compromessa. Per girarlo dovevo ruotare la spalla. Nel tempo la mia situazione sarebbe rientrata nelle patologie degenerative. I muscoli si sarebbero completamente atrofizzati lasciando visibile solo l’osso. Ho fatto riabilitazione e imparato a fare cose nuove: ho dovuto esercitarmi a fare con la sinistra ciò che facevo con il braccio destro. Ho imparato di nuovo a scrivere, a lavarmi, ad allacciarmi le scarpe, a mangiare e a tenere le posate».

L’odissea non finisce qui, per Serena. «Proprio dopo che Anmil mi ha offerto l’opportunità di credere in me stessa, con una nuova ripartenza, nel dicembre 2021, il mio papà ha avuto un infortunio sul lavoro ed è morto sul cantiere – rimarca Serena –. Due settimane fa abbiamo vinto la causa legale in cui Anmil mi ha aiutata un sacco. Siamo riusciti ad avere un po’ di giustizia per il mio papà, mancato a 62 anni. Faceva l’escavatorista in un’azienda edile. Aveva limitazioni alla mansione specifica e da pochi mesi aveva fatto la visita medica aziendale che lo confermava. Una di quelle limitazioni era l’esposizione alle elevate o basse temperature. Quel giorno lo avevano mandato su un cantiere dove le temperature erano freddissime, è morto per vasocostrizione dalla temperatura troppo fredda, il 17 dicembre 2021. Ho dovuto trovare la forza di rimboccarmi le maniche, di mettere tutto il mio impegno per ribadire che la questione sicurezza può veramente salvare la vita». Serena ha un messaggio importante per chi si trova nel suo stesso percorso. «Io avevo completamente perso la fiducia in me stessa – confida Serena –. Dovevo fare i conti con tanti pensieri negativi che mi affliggevano. Poi, l’associazione mi ha dato un aiuto enorme quando nell’ottobre 2021 mi dà la possibilità di riqualificarmi: avevo solo la licenzia media e nell’azienda dove si era verificato l’infortunio non potevo più lavorare e mi hanno licenziata. Ho dovuto reinventarmi- Anmil mi ha proposto di conseguire il diploma di maturità. Lo scoglio è grosso, sicuramente si fa fatica a vedere di là. Ma dobbiamo avere il coraggio di andare a vedere cosa c’è dall’altra parte rispetto a quello che viviamo». l © RIPRODUZIONE RISERVATA