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La richiesta di Fiom, Film e Uilm

«Chiediamo 280 euro di aumento per ogni addetto della meccanica»

Serena Arbizzi
«Chiediamo 280 euro di aumento per ogni addetto della meccanica»

La nuova indagine sui bilanci aziendali: «I profitti crescono più velocemente dei salari»

08 ottobre 2024
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Reggio Emilia Un aumento di 280 euro per ogni lavoratore del settore, a prescindere dalla dimensione dell’azienda. Una forbice delle diseguaglianze che si consolida e che prevede come soluzione un contratto nazionale (scaduto da poco) che veda un incremento dei salari. Mentre si verifica una compressione generale della domanda sia sul versante salariale sia sugli investimenti. Ancora, tra le aziende sindacalizzate e le altre c’è una differenza di salario del 18 per cento. L’entità dei salari non è tale da compensare l’inflazione, in altre parole. E la diseguaglianza tra lavoro e impresa nella distribuzione della ricchezza prodotta è un dato di fatto.

Lo argomenta la Fiom nel presentare la nuova indagine sui bilanci aziendali che quest’anno si è concentrata anche su un campione di 331 aziende con meno di 50 addetti che hanno presentato i bilanci negli anni 2018, 2021 e 2024. Il report è arrivato alla sesta edizione e il documento si presenta molto dettagliato: queste sono giornate cruciali, dal momento che giovedì è previsto un incontro a Roma con Federmeccanica che dovrà rispondere alla piattaforma di richieste. A presentare dati e conclusioni, lunedì mattina nella sede del sindacato, il segretario provinciale della Fiom, Simone Vecchi, e Matteo Gaddi dell’ufficio studi Fiom nazionale, che ha effettuato l’analisi. «I bilanci delle imprese reggiane che applicano il contratto nazionale di Federmeccanica negli ultimi dieci anni, confermano una tendenza: purtroppo i profitti nel tempo crescono più velocemente dei salari, ma questo consente anche di dire che ci sono ampiamente le risorse per evitare l’impoverimento dei lavoratori», affermano Vecchi e Gaddi.

L’andamento della distribuzione della ricchezza assume la forma di una forbice, dove i profitti crescono e la quota di ricchezza che va ai lavoratori cala. Fenomeno strutturale ormai da una decina d’anni. Se si considerano i valori dal 2014 delle imprese che applicano il contratto collettivo Federmeccanica, negli ultimi anni, la quota di valore aggiunto che va all’impresa (Ebitda) è aumentato del 9,31 per cento, mentre la quota che va al lavoro è diminuita del 9,53 per cento. «Questo dimostra che se il contratto collettivo non garantisce aumenti superiori all’inflazione – rimarca Vecchi – inevitabilmente aumenta la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza nelle grandi come nelle piccole imprese. Se gli utili crescono mentre diminuisce fortemente il potere d’acquisto, si determina una frattura sociale dentro le imprese con esiti non prevedibili». Inoltre, per la prima volta, l’analisi consente di approfondire quanto siano gli utili medi reinvestiti in azienda. I cosiddetti “utili netti” sono al netto degli ammortamenti, che se misurati su un periodo medio (dieci anni come nel campione Fiom) possono dare una stima degli utili reinvestiti in azienda. Nelle aziende che applicano il contratto nazionale il profitto lordo (l’Ebitda) è sempre cresciuto negli anni. Negli ultimi dieci anni la quota di profitto reinvestito è in calo mentre gli utili netti non reinvestiti sono in netta crescita. «In proporzione alla redditività – sottolinea Gaddi – si sono ridotti gli investimenti delle imprese, mentre gli utili crescono sempre, sul lungo periodo questo può trasformarsi in una riduzione di competitività delle imprese». La Fiom ricorda come persino l’analisi congiunturale di Federmeccanica sul primo semestre 2024, presentata nelle settimane scorse dall’associazione degli industriali metalmeccanici di Confindustria, mostra che le retribuzioni contrattuali da contratto nazionale sono cresciute del 14,6 per cento dal gennaio 2022 al giugno 2024, mentre i prezzi al consumo nello stesso periodo sono aumentati del 19,5 per cento. «Gli ultimi aumenti contrattuali hanno spaventato alcuni industriali», dichiara la Fiom, riferendosi agli oltre 250 euro di aumenti mensili medi che i metalmeccanici hanno avuto tra giugno 2023 e giugno 2024 «ma i dati oggettivi, riportati anche dall’analisi congiunturale di Federmeccanica, affermano che i lavoratori hanno perso circa il 5 per cento del potere d’acquisto, che a nostro avviso va recuperato con questo rinnovo contrattuale». l © RIPRODUZIONE RISERVATA