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L’intervista

Luciano Ligabue: «Sanremo? Prima o poi ci torno. Campovolo per noi è il posto delle feste»

Chiara Cabassa
Luciano Ligabue: «Sanremo? Prima o poi ci torno. Campovolo per noi è il posto delle feste»

L’artista di Correggio a tutto campo dopo l’annuncio della nuova data alla Rcf Arena di Reggio Emilia

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Reggio Emilia «Sapete anche voi che Campovolo per noi è il posto delle feste. A parte il 2011 sono sempre state occasioni per festeggiare ricorrenze speciali. L’anno prossimo se ne sommano alcune e la prima è che sono vent’anni dal primo Campovolo. Sono i trenta del “Buon compleanno Elvis” e per forza di cose anche di “Certe notti” che è diventato il tema della festa. Quindi era scritto che in qualche modo facessimo qualcosa. E una volta che l’abbiamo deciso abbiamo anche avuto fretta di annunciarlo. La cosa bizzarra è stata farlo prima di iniziare un tour... che deve ancora cominciare».

Pochi minuti prima, la data del 21 giugno 2025 al Campovolo l’aveva annunciata davanti ai suoi fan dal palco allestito di fianco all’Autogrill di Fiorenzuola d’Arda. Poi, tornati dentro, tra il profumo dell’erbazzone e gli effluvi della mortadella, il Liga lo ha ufficializzato prima di rispondere alle domande delle decine di giornalisti arrivati da tutta Italia. Non senza fare un cenno allo staff del buffet: «Mi avete tenuto però un Camogli?».

Accanto a un sorridente Luciano, Ferdinando Salzano, numero uno di Friends & Partners, che ha già battezzato il nuovo Campovolo “Ligaland” e Riccardo Vitanza, fondatore e amministratore unico di Parole & Dintorni nonché impeccabile regista della serata. Per la prima volta non c’è l’amico e storico manager Claudio Maioli: «Io e Maio, una storia irripetibile. Così come lui è insostituibile. Impossibile scegliere un nuovo manager. Meglio allargare le consulenze».

Alle spalle, il video emozionale con tutti i “Campovoli” del Liga. E le domande che possono partire. “Certe notti” trent’anni dopo.

Come cambia la percezione?

«Penso di avere un rapporto di fascinazione con il mistero. Era il 1995 ed eravamo allo studio Esagono di Rubiera a registrare per la Warner “Buon compleanno Elvis”. Quando si trattò di scegliere un singolo venne fuori il titolo “Seduto in riva al fosso” mentre tutti non avevano dubbi che dovesse essere “Certe notti”. Ecco, forse per la prima volta non avevo capito la portata di quella canzone. Ancora oggi mi meraviglia. E conferma la mia tesi. Noi dobbiamo fare il nostro lavoro e aspettare... che vengano estratti i risultati della lotteria. Non c’è una ricetta. Bisogna arrendersi all’idea che le canzoni fanno un po’ quello che vogliono, dobbiamo rispettare la musica».

E a proposito di musica, cosa pensa del rap?

«Sono un amante delle canzoni da quando ero bambino e continuo a essere affezionato al concetto di melodia. Quindi mi fermo qui. Anche se mai dire mai».

Torniamo al teatro, da dove siamo appena usciti. Come mai questo tour teatrale a distanza di tanti anni?

«Per me rappresenta una sfida. Ho sempre detto che il mio terreno naturale è rappresentato dagli spazi all’aperto, mi basta una chitarra elettrica, lo avete visto prima nel parcheggio, è la mia dimensione. La differenza è che nei teatri a vincere sono i dettagli, devi essere un po’ più trattenuto, ma le soddisfazioni posso essere tantissime grazie alla dimensione più intima. Tengo molto all’album “Dedicato a voi” ed era giusto portarlo anche nei teatri».

Un sogno da avverare. Dove vorrebbe suonare?

«Mi viene da dire Nashville, dove sono stato questa estate con mio figlio Lenny. Siamo rimasti a bocca aperta, non mi aspettavo una botta di energia del genere. Lì però dovrei andare come tribute band, se vado con le mie canzoni mi tirano le lattine addosso. Ma non metto limiti alla provvidenza».

A proposito di Lenny alla batteria, in questo tour farà parte della squadra.

«Questa sera (domenica, ndr) ha suonato con una sicurezza come se lo facesse da una vita. Io ho cercato di iniziare soft, una prova generale e due date zero anche per farlo ambientare. Ma è stato davvero bravissimo, ha controllato perfettamente uno strumento che se non controllato manda tutto a scatafascio».

Tornando a luoghi dove suonare, una tappa del tour teatrale tocca l’Ariston di Sanremo. E il Festival?

«Prima o poi ci devo tornare. Quando ci sono stato avevo l’intenzione di sdrammatizzare, strappare il sorriso, fare autoironia, una cosa punk insomma, ma poi è venuta fuori una ciofeca. Anche perché sentivo l’azzannamento alle carotidi. ’Sto giro sto fermo, faccio il mio pezzo, fosse anche in playback».

Non abbiamo ancora parlato di calcio, cioè di Inter, come vede questo inizio di campionato?

«Sono ancora sazio delle due stelle, a differenza di tanti altri non voglio essere troppo ingordo».  © RIPRODUZIONE RISERVATA