«Così seminiamo gioia nel mondo donando un sorriso a chi soffre»
Carlotta Calzolari, “Schiumina”: «Entriamo in punta di piedi nelle vite degli altri»
Reggio Emilia “Poter seminare gioia nel mondo”. Questo quello che prova clown Schiumina, al secolo Carlotta Calzolari, 40 anni, impegnata in questa forma di volontariato ormai da oltre due decenni, precisamente dal 2003. La intervistiamo nell’occasione della festa dei clown di corsia di Reggio Emilia, l’associazione Vip-Viviamo in positivo che ha compiuto dieci anni di attività.
Cosa fa nella vita e cosa l’ha spinta a provare quest’esperienza?
«Sono laureata in lingue e ho lavorato per tanti anni in azienda, da qualche anno sono docente nel limbo dei precari, l’insegnamento era una passione che avevo da tanto poi appena laureata. Sentivo che avevo questo amore per le relazioni e il prendersi cura. Ho iniziato questa forma volontariato un anno dopo il diploma. Avevo compiuto da poco 19 anni: clown “Bubba”, (Davide Grossi, ndr) il fondatore di Vip a Reggio Emilia, era un amico di famiglia. Lui mi aveva parlato di questo progetto che avrebbe creato indicandomi che sarei stata adatta. Mi aveva affascinato perché mi sembra un modo bellissimo di seminare gioia nel mondo e portare felicità. Ho perso il mio papà da piccola, ho sempre avuto molto amore nella mia famiglia: ho sempre pensato che questo amore va messo in circolo come gratitudine verso gli altri. L’amore che passa attraverso la risata, la fantasia, l’immaginazione. A volte anche solo per un attimo lascia un segno molto bello, sia in chi lo riceve ma tantissimo anche in chi lo fa».
Qual è l’esperienza più bella tra quelle provate?
«Si portano nel cuore tutte le persone che si incontrano. Quando fai questo tipo di servizio ti restano impressi i volti delle persone. Ho nel cuore un servizio in particolare ad Albinea all’allora rsa. Una signora era allettata, come in coma, era poco reattiva. Dormiva sempre. Eravamo lì in servizio ed è arrivato suo marito, ci ha detto che amava molto la canzone “Un bacio a mezzanotte”, perché era il loro brano d’amore. Abbiamo iniziato a cantarla con lui sottovoce creando un’atmosfera magica con le bolle di sapone: lei ha sorriso. Questo mi ha toccato il cuore con un’emozione grandissima».
E il momento più difficile?
«In quello stesso momento ho provato un’emozione talmente forte sia di gioia ma anche di una sofferenza privata. Ricordo di avere respirato forte... Il team è molto importante perché si crea un’energia che tira fuori risorse che non si pensano di avere. Ad esempio, sono andata con i clown in Abruzzo dopo il terremoto: abbiamo fatto servizio nelle tendopoli ed è stato molto bello perché ho conosciuto persone con una forza straordinaria, anche per la voglia di sorridere tra le macerie. Tra me e me, girando per le strade della città, mi chiedevo: “Servirò a qualcosa in una situazione del genere?”. E la risposta è sì, servono tantissimo allegria e bolle di sapone, che possono fare più di quanto non ci si immagini. Così come con il Covid ci siamo attivati anche con il digitale per regalare anche un po’ di forza, sperando quel periodo difficile».
Come entra il clown nella vita delle persone?
«Ogni volta che si va in carcere, in struttura, ospedale, noi siamo uniti per crescere insieme, ci aiutiamo come team clown e cerchiamo di portare gioia e positività anche se si fa fatica, sempre in punta di piedi, con delicatezza, con rispetto dell’altro. Il clown non è quello del circo, qui entra in contesti delicati, chiede permesso e con la fantasia e l’immaginazione strappa qualche risata». l
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