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Roberta Bruzzone sul caso di Traversetolo: «Ha agito con fredda lucidità per salvare la sua vita sociale»

Ginevramaria Bianchi
Roberta Bruzzone sul caso di Traversetolo: «Ha agito con fredda lucidità per salvare la sua vita sociale»

La giovane per due volte avrebbe partorito di nascosto e occultato i cadaveri dei neonati nel giardino: «Per lei era cruciale che la sua vita sociale rimanesse intatta, e si è comportata di conseguenza»

18 settembre 2024
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Traversetolo Nessun segno di pentimento, nessun segnale che lasciasse intravedere il dramma interiore. Solamente un tragico scenario in cui una ragazza di 22 anni abortisce due volte e seppellisce i corpi dei propri bambini nel giardino di casa. Una mente che sceglie il silenzio, la solitudine e la freddezza assoluta. Senza tenere da conto uno spazio per chiedere aiuto o affrontare il problema. Davanti ai fatti nessuna traccia di umanità, nessun legame con le vite che ha portato dentro di sé. E mentre il mondo discute, è facile chiedersi se l’accesso infinito alle informazioni oggi renda queste storie ancora più incomprensibili o semplicemente più facili da mettere in atto.  Per provare a comprendere questo Dedalo – e magari riuscire a uscirne – abbiamo chiesto un parere a Roberta Bruzzone, nota psicologa e criminologa forense.

Dottoressa Bruzzone, questo caso lascia increduli. Come si spiega una freddezza del genere?

«In casi come questo ci troviamo di fronte a una personalità che ha agito come se stesse eseguendo un compito, distaccandosi completamente dall’emozione che quella situazione avrebbe naturalmente suscitato. Non stiamo parlando di un’azione improvvisata, ma di un comportamento organizzato, pianificato nei minimi dettagli. È chiaro che c’è stata una rottura profonda nel suo rapporto tra questa ragazza e la realtà».

Ma com’è possibile che una giovane donna possa scegliere di “abortire” in questo modo, da sola, e in un contesto come quello contemporaneo, dove avrebbe potuto trovare facilmente soluzioni meno estreme? «Viviamo in un’epoca in cui esistono risorse facilmente accessibili, sia online che offline, per affrontare una gravidanza indesiderata in modo sicuro. Tuttavia, ciò che emerge in questo caso è la volontà di mantenere il controllo totale sulla situazione, al punto da escludere qualsiasi tipo di aiuto esterno. Potremmo ipotizzare che la ragazza abbia percepito la gravidanza come una minaccia diretta alla sua immagine sociale. Quando una persona è così ossessionata dall’apparenza e dal giudizio esterno, la paura di essere giudicata può diventare più forte della paura di affrontare la realtà».

Quindi secondo lei ha agito totalmente da sola in entrambi i casi?

«Sì, è del tutto possibile».

Lei parla di controllo. Eppure ciò che colpisce è anche la capacità di nascondere tutto con così tanta naturalezza. Come ha potuto farlo?

«La capacità di nascondere azioni di questo genere dipende da diversi fattori. Sicuramente per questa ragazza era cruciale che la sua vita sociale rimanesse intatta, e si è comportata di conseguenza».

Ha detto che siamo in un contesto in cui ci sono tante risorse accessibili. Pare che la ragazza ne abbia fatto uso, cercando su Google i modi con cui uccidere un neonato. È giusto che online ci siano questi contenuti?

«Non è giusto, ma onestamente ormai online si può trovare di tutto. Non mi stupisce che si sia preparata per questi omicidi con dei tutorial, onestamente».

C’è anche un altro aspetto inquietante: la giovane ha agito due volte. Si può ipotizzare che la seconda gravidanza fosse diversa dalla prima, forse più consapevole?

«Questa è un’ipotesi molto interessante. Potremmo pensare che, nel caso della seconda gravidanza, la ragazza abbia vissuto una sorta di cambiamento nella percezione di sé e del proprio corpo. Forse, a quel punto, la gravidanza era stata accettata, ma non nel modo che ci aspettiamo. Si tratta di una dinamica molto complessa, che richiede un’analisi psicologica approfondita».

In Italia abbiamo già visto casi del genere?

«Mai. Madri assassine ce ne sono state, ma mai con dinamiche di questo genere».

Cosa dice della nostra società questo caso di cronaca?

«Questo caso ci mette di fronte a una realtà scomoda: viviamo in una società dove l’apparenza è sempre più importante, e dove la capacità di chiedere aiuto è vista quasi come una debolezza»l