Gazzetta di Reggio

Reggio

Il racconto

Luzzara, l’inferno di una donna: «Acqua bollente sulla pancia perché non gli davo un maschio»

Serena Arbizzi
Luzzara, l’inferno di una donna: «Acqua bollente sulla pancia perché non gli davo un maschio»

Reggio Emilia: una 38enne pakistana ha denunciato il marito che per 10 anni la teneva prigioniera colpendola anche con vetri di bottiglia e minacciandola: «Se fai il mio nome, ti ammazzo»

18 settembre 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Luzzara «Mi versava acqua calda e mi colpiva con vetri rotti di bottiglia sulla pancia e voleva avere rapporti sessuali, che diventavano violenti, perché voleva farmi abortire. Mi accusava di non sapergli dare un figlio maschio».

Queste sono solo alcune delle violenze raccontate ieri mattina davanti al collegio di giudici da una moglie.

Il marito 38enne, in un periodo di 10 anni, l’ha sottoposta a minacce di morte, violenze, percosse, offese e umiliazioni fino a quando dopo l’ennesimo episodio la donna trova il coraggio di denunciare. È il febbraio del 2023. I carabinieri arrivano a casa sua e la trovano a soqquadro.

La donna pakistana si è costituita parte civile, insieme alle quattro figlie, assistita dall’avvocato Francesco Picchiarini del Foro di Mantova, mentre l’imputato, accusato di maltrattamenti, è difeso dalle avvocate Lucia La Rocca e Alessandra Scaglioni. L’inchiesta è coordinata dal pubblico ministero Maria Rita Pantani.

Ha raccontato in aula il proprio calvario, con l’aiuto di un traduttore, davanti al collegio di giudici, presieduto da Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e Silvia Semprini, aprendo uno squarcio sull’orrore che ha patito per anni.

«Mi afferrava per i capelli e spingeva contro tavoli e sedie, strattonandomi e sbattendomi contro le porte o contro il muro mentre mi schiaffeggiava al volto», dichiara la donna ai carabinieri. E non è finita. Tante le frasi offensive nei suoi confronti e verso la sua famiglia di origine.

Il marito la accusava e la minacciava, dicendole: «Se continui così ti rimando dalla tua famiglia, ti ammazzo. Non denunciarmi, altrimenti uccido te e tutti i tuoi famigliari. Ti rimando in Pakistan, con le tue figlie, per farvi uccidere».

E da quanto trapela l’uomo si sarebbe alleato con alcuni parenti nel Paese d’origine.

L’uomo, inoltre, impediva alla moglie di uscire e di frequentare i suoi genitori. Quand’era incinta della terza figlia, le ha lanciato delle bottiglie di vetro e le ha rovesciato acqua bollente sulla pancia per farla abortire, dato che non «ero stata capace di dargli un maschio, ma solo figlie femmine».

La donna ha anche parlato dei maltrattamenti subiti dalla figlia, come confidato anche ai carabinieri quando ha denunciato le violenze. Ha detto che l’imputato svegliava la figlia di notte accendendo la luce, togliendole le coperte, fischiando e sgridandola pur di riuscire a svegliarla, spingendola, prendendola a schiaffi alla testa e al volto, impedendole di uscire di casa e di andare in biblioteca a fare i compiti, iniziando a urlare mentre lei era in contatto telefonico con le amiche per svolgere i compiti, costringendola così a interrompere la telefonata e arrabbiandosi se non interrompeva il collegamento.

Un inferno, insomma, che la madre ha trovato il coraggio di denunciare e che ora è sfociato in un processo a carico del 38enne.

Ieri, dopo l’ascolto della parte offesa, è stata fissata una nuova udienza in cui verrà fissato l’incarico per la nomina del perito che ascolterà le figlie.

L’avvocato Larocca ha chiesto alla donna alcune precisazioni su dichiarazioni rese in precedenza. 



© RIPRODUZIONE RISERVATA