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Davide e Cristian travolti e uccisi al rally dell’Appennino: chiesto il rinvio a giudizio per nove

Ambra Prati
Davide e Cristian travolti e uccisi al rally dell’Appennino: chiesto il rinvio a giudizio per nove

Organizzatori e controllori della gara accusati di omicidio colposo. I familiari dei due spettatori morti: «Finalmente si muove qualcosa»

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Canossa «I genitori di Cristian Poggioli sono molto soddisfatti: dopo tre anni aspettavano con ansia una svolta, anche se si tratta di un passaggio intermedio. Ora sperano che l’udienza davanti al gip sia fissata nel minor tempo possibile». L’avvocato Marco Augusto Pellegrini del foro di Modena, che tutela Rita e Giuseppe Poggioli, dà conto del sollievo dei suoi assistiti alla notizia che il pm Valentina Salvi ha chiesto a fine agosto il rinvio a giudizio per omicidio colposo per tutti gli indagati della tragedia del Rally dell’Appennino costata la vita a Davide Rabotti, 21enne reggiano studente di Ingegneria Informatica all’Unimore, e Cristian Poggioli, 35enne modenese di Lama Mocogno gestore di un negozio.

La mattina del 28 agosto 2021 i due spettatori seguivano su una collinetta la gara che si teneva in località Riverzana di Canossa. In quel tratto di circuito c’è una semicurva: secondo una prima ricostruzione un equipaggio a bordo di una Peugeot 208 ha perso il controllo del mezzo e, a causa della forte velocità e di un terrapieno che avrebbe fatto da rampa, la macchina si è staccata dal suolo ed è precipitata sulla vicina collinetta, travolgendo e uccidendo all’istante i due giovani. Illese il pilota e il navigatore sulla Peugeot 208; tra l’altro per ironia del destino Poggioli era amico del pilota ed era andato ad assistere alla proprio per tifare per lui. Pilota e secondo non sono stati indagati: nella perizia cinematica non si è affrontato il tema della condotta di guida. A finire sotto inchiesta sono stati tutti coloro che rivestivano una posizione di garanzia nell’organizzazione e nella gestione della competizione: il legale rappresentante Asd Grassano Rally (l’associazione organizzatrice), il direttore di gara, il supervisore tecnico, i piloti apripista che avrebbero dovuto segnalare i punti pericolosi, il commissario di gara e il delegato all’allestimento del percorso. Ora tutti imputati, in base alla perizia cinematica. L’accusa imputa ai nove di diverse omissioni in tema di sicurezza. In particolare il fatto che quella collinetta, nel piano che avrebbe dovuto selezionare le aeree a rischio, non è stata individuata né indicata come punto pericoloso, tanto da essere classificata come “zona di seconda fascia”: un luogo dove il pubblico poteva andare. Non solo: secondo l’accusa gli organizzatori della gara avrebbero parzialmente disatteso le indicazioni stringenti della Prefettura, che aveva autorizzato l’evento «in assenza di pubblico» (anche se dare una definizione di pubblico in manifestazioni del genere è controverso).

Non a caso è quanto si fece nel 2023, quando il Rally si è svolto a porte chiuse senza la presenza di spettatori: un effetto della tragedia. Marco Giuseppe Baroncini, avvocato difensore di cinque degli imputati, aveva chiesto l’archiviazione sostenendo che mancherebbe una ragionevole previsione di condanna. Sarà un processo in salita? «A mio parere no – ha dichiarato l’avvocato Marco Augusto Pellegrini, che tutela i Poggioli e che aveva lamentato le lungaggini del fascicolo – A mio parere le indagini svolte dai carabinieri, che sono il cuore del fascicolo in mano al pm, sono state fatte con molto scrupolo e precisione. Ritengo che le responsabilità siano provate e che ci siano fondati elementi di condanna: che quella curva fosse pericolosa si è dovuto scoprirlo dopo due morti».l © RIPRODUZIONE RISERVATA