Gazzetta di Reggio

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L’indagine

Estorsione e usura, nuovo arresto per l’imprenditore Di Tinco

Manuel Marinelli
Estorsione e usura, nuovo arresto per l’imprenditore Di Tinco

In cella anche i fratelli Le Coque. L’operazione della Finanza collegata a quella del 10 agosto

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Reggio Emilia Usura ed estorsione aggravata: scatta nuovamente il carcere per i fratelli di origine calabrese Samuel e Gionata Le Coque e per l’imprenditore Giambattista Di Tinco. Nella notte tra venerdì e ieri i finanzieri del comando provinciale di Reggio Emilia, guidati dal colonnello Filippo Ivan Bixio, nell’ambito di un’articolata attività investigativa coordinata dalla procura della Repubblica di Reggio, diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci, hanno dato esecuzione alle misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone, già colpite da provvedimenti restrittivi nell’ambito dell’operazione Minefield. Lo scorso febbraio gli stessi erano infatti stati arrestati per reati di natura fiscale, ma ora è ancor più chiaro lo sfondo della criminalità organizzata.

Il tutto è collegato anche ai tre arresti, sempre per estorsione e usura, effettuati lo scorso 10 agosto a seguito delle dichiarazioni di un imprenditore campano, che ha riferito agli inquirenti di essere stato inserito in un meccanismo criminale e di aver subito diverse richieste di denaro, sia a carattere estorsivo sia usurario, da diversi personaggi. Francesco Silipo, figlio di Luigi Silipo, condannato in Aemilia a una pena che ha da poco finito di scontare, Chrisitan Bari e Davide Benetti, dal 10 agosto tutti e tre in cella in stato di fermo, avrebbero agito anche nell’interesse dei fratelli Le Coque e di Di Tinco.

Quest’ultimo, legale rappresentante della Dg Service, ditta di noleggio furgoni a Calerno, al momento dell’arresto, si trovava in provincia di Taranto ed è gravemente indiziato di aver commesso reati di usura ed estorsione aggravata, avendo peraltro riscosso crediti usurari di elevato importo, all’imprenditore di origine campana, in evidenti difficoltà economica soggetto a minacce e violenze. Di Tinco era già emerso nell’ambito dell’operazione Minefield per reati tributari legati all’utilizzo e alla emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le indagini hanno fatto emergere come i già citati imprenditori calabresi avrebbero sollecitato la riscossione illecita dei crediti, violando così le prescrizioni del divieto comunicativo imposte dagli arresti domiciliari. Nel loro interesse avrebbero operato sul territorio reggiano anche ulteriori tre soggetti, contigui agli ambienti della criminalità organizzata, già arrestati lo scorso 10 agosto, nell’ambito di un’attività condotta unitamente alla squadra mobile di Reggio Emilia unitamente al locale comando provinciale dei Carabinieri, a seguito di condotte estorsive e minacce nei confronti del già menzionato imprenditore campano. A riguardo, si evidenzia che l’operazione Minefield dello scorso febbraio aveva consentito di individuare un’associazione per delinquere costituita da persone originarie di Cutro, professionisti calabresi e campani (ragionieri e commercialisti) nonché altre native di Reggio Emilia ed altre di origine pugliese (della provincia di Foggia) che, attraverso un reticolo di “società cartiere”, ha gestito un imponente giro d’affari (stimabile in oltre 30 milioni di euro) nel settore delle prestazioni di servizi, quali, ad esempio, mestieri di pulizie, cantieristica e manodopera, in ambienti contigui alla criminalità organizzata. Da qui, l’importanza dell’azione “capillare e chirurgica” del Corpo, posta in essere a contrasto della criminalità organizzata ed economico-finanziaria e diretta ad impedire l’ingresso, sotto qualsiasi forma, degli interessi criminali nell’economia legale e a salvaguardare la correttezza del mercato e il rispetto della concorrenza leale, a tutela del rapporto di fiducia tra cittadini e Stato.

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