La tradizione del Maggio drammatico che resiste sull’Appennino Reggiano
Così i temi epici restano vivi nei boschi
C’è una tradizione remota che resta viva all’interno di radure di boschi e pinete dell’Appennino Tosco-Emilia grazie a compagnie teatrali innamorate di questo esempio unico di teatro popolare che già nel 1792 veniva definito “antica pratica del popolo”. Stiamo parlando del Maggio drammatico o Maggio epico, uno spettacolo in costume in versi cantati e accompagnato da strumenti come violini, fisarmoniche e chitarre, le cui origini non sono conosciute: non sappiamo a quanti anni o secoli risalga, ma non c’è dubbio che sia nato in seno alle ritualità propiziatorie (chiamate “Feste di Maggio”).
Come dimostra chi conserva questo patrimonio culturale immateriale del nostro territorio, in particolare di Villa Minozzo, che vanta una tradizione maggistica lunghissima, assistere ad un Maggio è un’occasione per immedesimarsi nelle gesta di Orlando e degli altri antichi paladini di Francia, per assistere meravigliati alle avventure di Re Artù e Lancillotto, attraverso il canto e la musica ed una scenografia volutamente essenziale in sintonia con l’ambiente naturale. Che siano temi di origine epico cavalleresco di inventiva o veritieri, lo spettacolo del Maggio utilizza testi composti esclusivamente di “quartine”, “sestine”, “ottave” e “sonetti” cantati dai diversi interpreti. Fino a qualche decennio fa le recite avvenivano durante il mese di maggio, quando lo permettevano i lavori campestri. Oggi le compagnie teatrali che portano avanti la tradizione sul nostro Appennino lo fanno nei mesi estivi, tra luglio e agosto. Si tratta della Compagnia Monte Cusna, della Società del Maggio Costabonese, della Compagnia Maggistica Val Dolo e de I Paladini della Valle.
Questo pomeriggio, alle 16, a Cinquecerri, frazione del comune di Ventasso, nello spazio antistante il bar ristorante K2, la tradizione del Maggio si rinnova grazie alla società del Maggio di Costabona, che porta in scena “Il medaglione di Gradessa”, di Daniele Monti: un re e una regina, principi e principesse circondati da capitani, scudieri e soldati e un frate, Fra Spaventa, depositario di diversi misteri, sono i personaggi di una vicenda piena di intrighi.
Nell’Appennino Tosco-Emiliano, precisamente nei locali dell’antica Rocca di Minozzo, sede del centro culturale polivalente “Arrigo Benedetti”, è ospitato anche il Museo del Maggio, nato negli anni Duemila per volontà dell’amministrazione comunale. Questo luogo conserva un piccolo tesoro che racconta la storia del Maggio e delle compagnia maggistiche di Villa Minozzo degli ultimi cinquant’anni: costumi d’epoca, testi di scena, fotografie delle rappresentazioni che si sono svolte nei pomeriggi estivi nel territorio.
Il Comune di Villa Minozzo non ha mai mancato di sostenere, anno dopo anno, fin dalla sua prima edizione alla fine degli anni Settanta, la Rassegna Nazionale del Maggio, nella convinzione che difendere e valorizzare la tradizione del Maggio significa innanzitutto riconoscere il sacrificio delle compagnie dei maggianti che si impegnano nell’allestimento delle rappresentazioni. Ma è anche «una responsabilità verso le nuove generazioni».l