«Ho perso tutto per le quote latte, ma dopo 28 anni il calvario è finito»
L’odissea di Marco Gatti, 58 anni, nel 2021 una cartella esattoriale da quasi 110mila euro
Reggio Emilia «Alla fine degli anni Novanta mi hanno detto che le mie quote latte erano raddoppiate. Poi, dopo anni che mi impegnavo per raggiungere quel quantitativo, mi è arrivata una prima cartella dallo Stato che mi obbligava a pagare 70.000 euro in due anni perché si erano sbagliati e non avrei potuto raddoppiare la quota. Mi hanno pignorato di tutto: sono stato costretto a vendere il mio appartamento, non posso avere un conto corrente perché mi trovo l’Agenzia delle Entrate con il fiato sul collo... Ma ora la mia odissea è finita».
Dopo quasi 30 anni di calvario, dagli anni Novanta a oggi, Marco Gatti, 58 anni, assistito dall’avvocato Fabio Benati, è un uomo libero dalla morsa che ha attanagliato una buona fetta della sua vita. Insieme al fratello era a capo di un’azienda agricola reggiana presa in affitto a Sabbione, che aveva le quote latte certificate. Improvvisamente, gli viene comunicato, con tanto di documentazione, che la quota raddoppia: da 1.600 a 3.200 quintali all’anno.
«Ci siamo rivolti alla nostra associazione e ci hanno detto di stare tranquilli e di produrre il nuovo quantitativo – afferma Gatti –. Succedeva persino che altri colleghi, che andavano fuori quota, mi portassero il loro latte. Dopo otto anni arriva la comunicazione che non avremmo mai voluto ricevere: mi hanno detto che dovevo pagare perché ero fuori quota e che il raddoppio era frutto di un errore».
«Non ho fatto in tempo a sposarmi, che dopo 15 giorni l’Agenzia delle Entrate mi ha chiesto 70.000 euro di cartella esattoriale – aggiunge Marco Gatti –. Dopo 13 anni, nel novembre 2021, mi è stato pignorato tutto. Dal quinto dello stipendio, al conto corrente, all’auto. È stato un disastro. Nel frattempo, mio fratello è stato portato all’ospedale e non ce l’ha fatta: è deceduto».
In questo groviglio, tra lutti e disperazione economica, Marco Gatti cerca di rialzare la testa e con l’arrivo dell’ultima cartella nel 2021 – che sfiora i 110.000 euro – si rivolge all’avvocato Fabio Benati.
«Ho chiesto aiuto e abbiamo iniziato a resistere per vie legali a quanto ci chiedeva l’Agenzia delle Entrate – dice l’ex titolare dell’azienda agricola, che oggi lavora come camionista –. Oggi, finalmente, sono un uomo libero dall’inferno. Dopo 28 anni è stata dichiarata la prescrizione. Il primo pensiero, quando l’avvocato mi ha detto l’esito della sentenza è volato a mio fratello Gianni, a tutto quello che ha patito insieme a me e ora non è più con noi».
La sentenza di primo grado, infatti, certifica la prescrizione ed è subito esecutiva: a Gatti dovrà essere restituito un quinto dello stipendio per le dieci mensilità pignorate, prima dell’opposizione.
«Valuteremo, inoltre, il danno subito a settembre – afferma l’avvocato Benati –. Nel novembre 2021, quando Gatti ha ricevuto la notifica del pignoramento, l’Agenzia delle Entrate ha agito in virtù delle norme facilitate di cui gode, trattenendo direttamente un quinto dello stipendio. In più a Gatti è stato pignorato anche il fondo pensione. Nella cartella del 2021 viene richiesto il pagamento di quasi 110.000 euro. Ho presentato opposizione alle esecuzioni per fermarle e il giudice le ha sospese ritenendo verosimile l’eccezione di prescrizione, presentata con una contestazione sulla correttezza delle cartelle. Poi ha assegnato il termine di 60 giorni per iniziare la causa di merito. Intanto Gianni Gatti viene a mancare e l’Agenzia rinuncia per il decesso mentre le cause di merito iniziate vengono riunite in una sola. Era palese che il diritto era prescritto, dal momento che spettava all’Agenzia delle Entrate dimostrare il contrario. Nonostante questo l’Agenzia stessa ha resistito nuovamente nella causa di merito, sostenuta per altri due anni».
Inoltre, la controparte di Gatti era l’Agenzia delle Entrate- Riscossione, mentre la titolare dei diritti legati alle quote latte era Agea.
«Il giudice – afferma infine il legale – ammette la chiamata in causa di Agea e impone di depositare l’eventuale documentazione sull’interruzione della prescrizione. Cosa che Agea non fa e così è stata emessa sentenza in cui il giudice accoglie l’opposizione e dichiara l’insussistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata, condannando al pagamento delle spese legali».
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