Esercito in stazione, parlano i militari: “La nostra presenza aumenta la sicurezza”
Il sindacato Sam: «I risultati sono sotto gli occhi di tutti»
Reggio Emilia «La più capillare e longeva operazione delle forze armate» in Italia: definisce così “Strade sicure” Antonino Duca, segretario generale del Sindacato autonomo dei militari (Sam), interpellato sulla richiesta della prefetta Maria Rita Cocciufa dei militari a Reggio Emilia presentata al Ministero dell’interno. La decisione arriva dopo un intenso dibattito a oltre un anno di distanza dal primo, accorato, appello del comitato di viale IV Novembre, che, dalle colonne della Gazzetta, iniziò a chiedere l’esercito dopo l’omicidio del 18enne Mohamed Thabet Alì proprio in stazione.
Qui c'è grande attesa per l’arrivo dell’esercito. Cosa possono fare i militari nell'ambito di questa operazione?
«L’operazione “Strade sicure” rappresenta la più capillare e longeva operazione delle forze armate sul territorio nazionale, al fianco delle forze dell’ordine, in funzione di contrasto della criminalità e del terrorismo nelle città italiane. Il personale dell’esercito può essere chiamato a svolgere attività di pattugliamento, ovvero di vigilanza statica a siti sensibili. La responsabilità di assegnare alle unità militari la vigilanza statica o dinamica di obiettivi sensibili è attribuita per legge alle autorità di pubblica sicurezza. In tale contesto ai militari viene attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza, in virtù dell’articolo 4 della legge 152 del 22 maggio 1975. Il personale militare può, quindi, procedere all’identificazione e all’immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto. Il medesimo personale, qualora impiegato in attività di pattugliamento e non di pura vigilanza statica, può, inoltre, procedere all’accompagnamento delle persone ai più vicini uffici o comandi di polizia e carabinieri, dove le forze di pubblica sicurezza procederanno con le attività di polizia giudiziaria di competenza».
Per un militare l’operazione Strade Sicure è motivo di soddisfazione o altrimenti come viene vista?
«È indubbio che per i colleghi svolgere quest’attività al servizio del nostro paese è motivo di orgoglio. Allo stesso tempo com’è anche emerso dall’ultima indagine conoscitiva della IV Commissione Difesa sullo stato dell’Operazione Strade Sicure, con rifermento alle mansioni assegnate, queste non sono sempre in linea con l’alta professionalità acquisita. Parliamo di personale preparato a utilizzare sistemi d’arma complessi e costosi, addestrato a operare in condizioni estreme nei settori più svariati».
Dalla sua esperienza si sono ottenuti risultati significativi nelle città dove ha avuto luogo Strade sicure? O, altrimenti, cosa servirebbe?
«I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Nel merito vi sono decine e decine di atti parlamentari a dimostrazione e non solo. La presenza del personale dell’esercito, di fatto incrementa i livelli di sicurezza. Bisogna ammettere però che nel concreto a volte questi risultati vengono dimenticati, soprattutto nel riconoscere a quel personale il giusto per il suo impegno incondizionato».
Perché secondo lei il tema dell’esercito è divisivo nel dibattito politico e non solo?
«Beh, il dibatto politico sull’esercito è divisivo quando si ha il tempo di parlare. Non è divisivo quando bisogna agire e in fretta. Penso per esempio all’importante contributo dato dalla componente logistica, sanitaria e non solo, durante la non lontana crisi pandemica. Penso alle recenti calamità naturali. L’esercito è sempre in prima linea! La nostra specificità comporta oneri che non possono essere messi in discussione. Bisognerebbe ricordarsi dell’incondizionata disponibilità al servizio di queste donne e questi uomini sempre e nel concreto. Oggi più che mai abbiamo bisogno di una politica dei redditi, previdenza e welfare attagliati alla specificità militare».