Reggiana, la verità di Alicia Piazza: «Il fallimento? Lo volevano altri»
Reggio Emilia: imputata per diffamazione, il legale di Compagni va all’attacco
Reggio Emilia «Sei mesi fa lei ha ricevuto dal curatore fallimentare della Reggiana una richiesta risarcitoria. Ha pagato? No? C’è la documentazione». È andato decisamente all’attacco l’avvocato Alessandro Carrara, parte civile (tutela Stefano Compagni) nel processo per diffamazione che vede imputata Alicia Rickter Piazza. Occorre precisare che la richiesta di risarcimento – senza il quantum – è arrivata a tutti gli ex soci, ma l’affondo (insieme, dopo il crac, a presunti «prelievi non autorizzati con carta di credito della società per pagare ristoranti a Milano Marittima», circostanza negata dall’imputata) è bastato per adombrare la mala gestio nel fallimento della Reggiana.
La 50enne californiana è alla sbarra per il reato di diffamazione a mezzo stampa ai danni di Compagni, presidente del Cda della Reggiana dall’estate 2015 al primo luglio 2016 e in seguito vicepresidente. Quest’ultimo (che pretende un provvisionale di 200mila euro) ritiene di essere stato offeso dall’allora vicepresidente della Reggiana per la lettera di fuoco inviata ai media il 9 marzo 2018 e per la successiva intervista a Sportweek che parlava di «situazioni poco chiare» e di «ladri di polli».
Se nella precedente udienza lady Piazza aveva ripercorso la genesi dell’acquisto della società («siamo stati gli unici ad averci rimesso 10,7 milioni»), nel prosieguo dell’esame di ieri l’ex modella ha ribadito la sua versione: dal quadro presentato prima di concordare l’acquisto («figurava che la società aveva pochi debiti e tanti sponsor, ma non era vero: non appena arrivò Mike gli sponsor si dileguarono») alle ritorsioni («un nostro conto venne congelatoe trasferito a Malta») all’assalto alla diligenza dei creditori («Ogni settimana arrivava qualcuno a battere cassa per vecchi debiti»), adombrando perfino sospetti sull’autenticità delle firme («sul progetto che prevedeva la costruzione di un centro sportivo, che poi non ebbe seguito, delle persone si presentarono a Mike dicendo che aveva firmato ed era il garante, ma il giorno della firma lui non era in città»). Fino alla scelta «difficile» di mollare dopo la serie B sfumata. «Facemmo un annuncio: non saremmo più stati i soci di maggioranza bensì di minoranza. Lasciammo i libri contabili aperti per chiunque fosse stato interessato a sostenere la squadra: ma nessuno voleva aiutare. Ebbi l’impressione che la finalità (non la nostra, noi volevamo continuare) era far andare in bancarotta la società per ripartire da zero».
Nel controesame l’avvocato Carrara ha voluto mettere in difficoltà lady Piazza e la sua ricostruzione dei conti. «Se lei è stata una vittima, perché non ha agito legalmente contro Compagni e Maurizio Franzone (direttore generale, ndr)?». «Abbiamo iniziato un’azione legale, ma poi abbiamo deciso per la nostra salute mentale di lasciar perdere: troppo tempo, stress e dolore. Volevamo lasciarci la vicenda alle spalle». Incalzata da Carrara, l’imputata ha vacillato sulla Reggiana Group LLC, la compagine societaria creata ad hoc nel 2018. La sede in Delaware? «Non ricordo». Le fideiussioni bancarie di Compagni al quale doveva subentrare Mike? «No. Sì». L’udienza ha preso la piega dell’anatomia di una caduta (calcistica) più che di una diffamazione, tanto che la difesa ha cercato di riportare la palla al centro. «Non è l’argomento in questione, qui si strumentalizza». l