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Reggio Emilia, la Fiom lancia l’sos: «Aziende a rischio chiusura senza ammortizzatori»

Nicolò Valli
Reggio Emilia, la Fiom lancia l’sos: «Aziende a rischio chiusura senza ammortizzatori»

Le tute blu reggiane si affiancano alla Regione per chiedere la deroga al governo Il segretario provinciale Vecchi: «È un problema di sistema e va affrontato come tale»

24 luglio 2024
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Reggio Emilia «Il settore dei piccoli artigiani e dei metalmeccanici sta vivendo un periodo di profonda crisi, simile a quella del 2009. Come Fiom, ci uniamo quindi alla richiesta della Regione Emilia Romagna che ha chiesto ammortizzatori sociali in deroga al Governo. Una scelta che eviterebbe chiusure aziendali viceversa inevitabili».

Alza la voce la Fiom (Federazione Impiegati Operai Metallurgici) con l’obiettivo di tutelare i propri associati, che a Reggio e Provincia sono 1.300. Sono invece 450 le aziende metalmeccaniche reggiane con almeno un associato Fiom: numeri che meritano più attenzione da parte delle istituzioni, come ribadito in una conferenza stampa ieri mattina in Cgil.

«Sono 110 le aziende metalmeccaniche artigiane attualmente interessate dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali – ha dichiarato il segretario generale Simone Vecchi – ma sono oltre 400 gli accordi di Fsba (la cassa integrazione per le imprese artigiane prevista dal fondo bilaterale Eber) che la Fiom di Reggio ha firmato dall’inizio dell’anno».

Ammortizzatori sociali introdotti appunto come logica conseguenza della crisi del settore, a causa di tre profonde ragioni: alti tassi bancari, perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie e la mancanza strutturale di un politica europea e nazionale in materia.

«Con questo crollo dei volumi produttivi le imprese industriali reinternalizzando le attività tolgono lavoro ai conto-terzisti, spesso aziende artigiane, le quali sono quindi penalizzate due volte dalla crisi generale, perché anello debole delle filiera – spiega Vecchi, affiancato ieri in Cgil da Daniele Sardiello e Sara Canepari - e i lavoratori di queste aziende pagano una tripla pena perché non hanno gli stessi diritti dei colleghi che lavorano nell’industria».

La logica conseguenza, in assenza di provvedimenti, è quindi la chiusura:«A Reggio sono almeno una quindicina le imprese che a settembre potrebbero finire gli ammortizzatori, e quindi vedersi costrette a licenziare o persino a chiudere i battenti – continua la Fiom– due o tre, purtroppo, hanno già chiuso. È un problema di sistema va affrontato con soluzioni di sistema. È necessario che il Governo dia una risposta garantendo un fondo specifico per ammortizzatori in deroga: queste piccole aziende hanno al loro interno competenze specifiche che, una volta chiuse, si perdono per sempre, e il sistema industriale non se lo può permettere».

Le prospettive del secondo semestre, hanno detto ieri i referenti, non saranno migliori del primo, anche se una piccola consolazione arriva dagli aumenti salariali concordati dal nuovo contratto nazionale. Nel territorio provinciale di Reggio i settori più colpiti dalla crisi nella metalmeccanica sono la meccanica agricola – che sta vedendo un crollo degli ordini – e tutta la componentistica e i prodotti legati alla filiera dell’edilizia, in particolare le imprese di oleodinamica. Un trend che deve assolutamente essere invertito, o quanto meno è necessario trovare soluzioni.

Vecchi, infine, ha voluto spendere una parola per ringraziare i suoi collaboratori che fanno da mediatori tra aziende e lavoratori: Brunella Corrado, Laura Russo, Enrica Elefante, Luigi Omero, Marco Ruffoni, Fabrizio Fornasari, oltre ai già citati Sardiello e Canepari. 

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