Gazzetta di Reggio

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La testimonianza

«Mio figlio tentò più volte di uccidersi»

Serena Arbizzi
«Mio figlio tentò più volte di uccidersi»

Tonino D’Angelo: «Servono prevenzione e attenzione alte»

12 luglio 2024
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Reggio Emilia «Mio figlio ha tentato più volte di togliersi la vita in carcere. Ora, qui a Reggio Emilia, va meglio, c’è un’attenzione importante anche se sembra di essere sulle montagne russe: si fa un passo avanti, poi si crolla. Le attività come il teatro, i percorsi musicali o di socializzazione sono fondamentali. Sono ossigeno per chi vive in restrizione».

Tonino D’Angelo è il padre di Francesco D’Angelo, condannato per l’omicidio dell’ex fidanzata Roberta Perillo, avvenuto nel luglio 2019 a San Severo, Foggia. Nonostante la ferma condanna del delitto di cui si è macchiato il figlio, Tonino parla con il cuore in mano quando racconta della sua vicinanza al figlio, salvato «da una serie di tentativi di suicidi, fino al trasferimento all’ex Opg di Reggio Emilia».

D’Angelo fa parte dell’associazione Sostegno e zucchero, «un gruppo di mutuo aiuto che cerca di sostenere i famigliari in questi percorsi di vicinanza molto complicati, soprattutto quando si ha a che fare con persone che hanno problemi psichiatrici. Mio figlio è all’ex Opg ormai da quattro anni. Prima ancora era a Lecce, sempre nella sezione tutela salute mentale, prima a Foggia. A 100 anni dalla Basaglia dobbiamo ricordare chi entra nelle carceri per fare svolgere attività ai nostri figli fa un lavoro grandissimo ed estenderlo contribuisce a evitare che altri entrino in carcere. Ci sono famiglie che hanno colto in tempo il disagio. Mio figlio è stato ritenuto semi infermo, con patologia psichiatrica da stress posttraumatico e disturbi di personalità. Io sono medico in pensione, sono stato direttore del Sert in provincia di Foggia, responsabile della sanità penitenziaria della Regione Puglia e ho dedicato tutta la mia vita alle battaglie antimafia senza accorgermi, al tempo stesso, che mio figlio ha subito stress continuo. Abbiamo avuto in affido un ragazzo sieropositivo, tetraplegico e altri. Mio figlio arrivava a picchiare me e al tempo stesso mi diceva: «Io sto male, curatemi».

«Occorre tenere alta l’attenzione – conclude D’Angelo –. Può succedere qualcosa in reparto e la situazione può precipitare, soprattutto in estate con il caldo e l’uso di psicofarmaci. Bisogna accendere i riflettori non solo in occasione dei casi di cronaca. Serve prevenzione: il carcere è visto come un mondo separato quando in realtà racconta molto alla realtà fuori».