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Festeggiamenti per l’esame di maturità, Crepet: «Marcato infantilismo genitoriale»

Nicolò Valli
Festeggiamenti per l’esame di maturità, Crepet: «Marcato infantilismo genitoriale»

Reggio Emilia: il parere del noto sociologo

09 luglio 2024
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Reggio Emilia «Più che deluso sono incazzato per il trend che ha preso la conclusione dell’esame di maturità. I festeggiamenti mi ricordano un funerale, in cui si portano i mazzi di fiori ai nostri cari».

Non usa come di consueto mezze parole Paolo Crepet, noto sociologo reduce dalla pubblicazione del libro “Mordere il Cielo” edito da Mondadori. Quello che sta andando in scena in queste settimane davanti alle scuole di Reggio e di tutta Italia, con i maturandi intenti a festeggiare a base di vino e coriandoli con la famiglia al gran completo è solo, a sua veduta, l’ultimo passaggio di un processo in cui i giovani sono sempre più esaltati e tutelati dai genitori e dalle rispettive famiglie. Un processo che non aiuta i ragazzi a crescere ma che è figlio di una società in cui visibilità e gratificazione la fanno da padrone.

Che idea si è fatto su questa vicenda, Crepet?

«Vedere questi eccessivi festeggiamenti per il conseguimento del diploma di scuola superiore è una cosa che ti fa cascare le braccia. C’è un processo di infantilizzazione dei genitori, che ragionano come dei ragazzini di 14-15 anni pensando di essere in una festa perenne, a fronte di un’età anagrafica di 40-50 anni».

Si è dato una spiegazione?

«C’è una regressione morale spaventosa e qualcuno deve pur accorgersene. I genitori stanno abituando i figli a un’eccessiva protezione, ad avere il futuro tutto in discesa. Quando andranno incontro alle vere difficoltà della vita, come una malattia, un lutto piuttosto che la conclusione di una relazione amorosa, come si difenderanno?».

Sino a qualche anno fa l’esame di maturità vedeva la presenza al massimo di un familiare e anche i festeggiamenti erano contenuti, mentre ora è paragonato alla laurea. Come si è arrivati a ciò?

«Noi adulti siamo diventati fragili, basti pensare che anche a scuola si sono tolti i voti per paura di offendere o penalizzare qualcuno. Così facendo, non si farà altro che formare una classe dirigente di idioti».

I social possono influenzare?

«Certamente, così come le “mitiche” chat dei genitori. Il liceo si è trasformato in una discoteca. Questi ragazzi si stanno disabituando a mettersi in gioco, e lo si vede anche nello sport».

A cosa fa riferimento?

«Basta vedere la Nazionale Italiana di calcio. Gente strapagata poco disposta ai sacrifici: una volta i giocatori portavano e preparavano in autonomia il borsone per andare a giocare, e anche i risultati erano differenti. Premesso che nessuno dei figli di questi padri esaltati, nella vita come nello sport, diventerà qualcuno, voi pensate che il padre di Sinner porti i fiori a Jannik ogni volta che vince un set?».

Come uscirne, quindi?

«La classe politica deve prendere consapevolezza del problema e agire con azioni concrete, a cominciare dalla reintroduzioni dei voti numerici nelle classi. Non si offende nessuno con un brutto voto. Spesso, invece, molti miei colleghi la pensano diversamente, invitando a mediare o a tranquillizzare per evitare reazioni emotive spiacevoli».

Ai genitori, invece, che consigli si sente di dare?

«Lasciate agire i figli in autonomia. A momenti non bisognerebbe neanche sapere che istituto hanno scelto per il loro futuro».  

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