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Il caso

Il fratello dell’uomo ucciso: «Stefano artista e uomo libero: ora riposerà a Villa Minozzo»

Elisa Pederzoli
Il fratello dell’uomo ucciso: «Stefano artista e uomo libero: ora riposerà a Villa Minozzo»

Racconta chi era il 63enne picchiato dopo un lite col vicino: «Aveva scelto Morsiano perchè amava la natura, ma qui è stato emarginato»

28 giugno 2024
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Villa Minozzo Stefano Daveti riposerà a Villa Minozzo. Lo hanno deciso i fratelli Renzo e Andrea. Un gesto forte, che da una parte vuole rispettare i desideri del 63enne – che dieci anni fa aveva scelto i boschi dell’Appennino reggiano per vivere –, ma anche vuole rappresentare una reazione alla terribile fine fatta dall’uomo, ucciso a sprangate e deceduto in ospedale dopo tre giorni di agonia in seguito a una lite con il vicino. «Abbiamo deciso, dopo che ci sarà restituita la salma, di seppellirlo lassù in montagna, con un funerale laico dove tutti potranno esprimersi con letture, canti e poesie nel ricordo di una persona che tutti amavano e che ha trovato nella viltà di pochi una fine terribile» scrive Renzo in un messaggio. E ce lo ribadisce al telefono: «Ci saranno letture. Ha detto che parteciperà lo scrittore Maurizio Maggiani – spiega –. Sto ricevendo attestazioni molto belle, di chi lo aveva conosciuto e sapeva che persona era». Un altro ritratto rispetto all’uomo dipinto nei primi giorni della violenza.



«Mio fratello non era persona da Tso – ribadisce –. Certo, aveva fatto una scelta di vita alternativa. Aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Carrara, fatto l’insegnate di Disegno alle superiori alla Spezia e a Tempio Pausania in Sardegna. Amava le escursioni ed è così che ha scoperto questo posto».

Morsiano, dove aveva visto l’ex caseificio che aveva comprato e in cui da una decina di anni era andato a vivere, prima con la compagna e da prima del Covid solo, dopo la loro rottura. «Amava immergersi nei boschi, la filosofia naturale, la biodinamica, il cosmo, la luna...», racconta ancora.

Ispirazioni, desideri che però si erano scontrati a Morsiano con forti difficoltà di integrazione nella piccola comunità locale. «È stato emarginato, me lo ha raccontato anche la sua ex compagna, Sandra – lamenta –. Anche la sua casa è stata descritta in un modo che non è così: è una specie di museo, bellissima. Amava il riciclo, quella casa è piena di sue opere, perché era un artista, un uomo libero».

Aveva fatto una scelta di vita diversa, Stefano Daveti, andando a vivere lontano dai parenti. Ma aveva tanti amici in giro per l’Italia che gli volevano bene, lo stimavano e che ora sono disperati di fronte alla sua tragica sorte. Doloroso anche il modo in cui la famiglia ha saputo cosa gli era capitato. «Dai giornali. Lo ha letto l’ex moglie e ci ha chiamati – racconta il fratello –. Noi da tempo non ci sentivamo».

Mercoledì Renzo Daveti era a Castelnovo Monti. Lo hanno chiamato i carabinieri. Attraverso anche la sua testimonianza si sta cercando di capire chi era la vittima di questa terribile tragedia, quali erano i rapporti tra lui e gli indagati. Cosa è successo venerdì scorso quando dopo un violento litigio l’uomo è stato ridotto in fin di vita fino a morire tre giorni dopo, senza più riprendersi. «L’ho visto in ospedale a Parma mentre era in coma – confida il fratello –. Non sono neanche stato in grado di riconoscerlo per come era ridotto». In un suo messaggio diffuso sui social, esprime parole toccanti: «Mio fratello ha lottato a modo, pacificamente, adottando mezzi nonviolenti per ribadire la sua libertà. Ora lo hanno eliminato: saranno contenti quelli che speravano di non vederlo più. Barbaramente ucciso in luoghi che hanno visto centinaia di uomini combattere i soprusi del nazifascismo. Stefano era un uomo che amava l’umanità, non ha affrontato i suoi aggressori: ho visto le sue mani di artista in ospedale un uomo di pace. Ho visto il suo volto tumefatto colpito da queste bestie piene di rancore e di odio».