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Il lutto

Santa Croce piange Nadia Borghi: «Una vita spesa per il quartiere»

Nicolò Valli
Santa Croce piange Nadia Borghi: «Una vita spesa per il quartiere»

Era l’ex titolare della lavanderia Adua. Guidò la rivolta contro il Porta a porta: storica l’irruzione in municipio con il megafono

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Reggio Emilia E chi se la scorda quella volta in cui, munita di megafono, fece irruzione in Consiglio comunale manifestando contro la giunta, allora guidata dal sindaco Graziano Delrio, che stava promuovendo in quelle settimane la raccolta differenziata porta a porta. La clamorosa protesta dell’8 ottobre 2007 capeggiata da Nadia Borghi colpì, poiché presenti in quel momento, l’assessore alla Città storica Spadoni, l’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari e il vicesindaco Franco Ferretti. Con lei, un gruppo di cittadini del quartiere di Santa Croce, trascinati dalla leadership della guida del comitato. Oggi, l’intero quartiere e la città piangono Nadia Borghi, morta a 69 anni.

Era ricoverata all’ospedale di Modena, da dove è partito sabato 1 giugno mattina il feretro per il ritorno a Reggio, esattamente al cimitero di Coviolo, in attesa di cremazione. Era titolare della Lavanderia Adua, situata nell’omonima via. Gestiva l’attività col marito Omar Goldoni, scomparso nel 2021. Chi la conosceva la descrive ora come una donna solare, altruista e disponibile, con la passione per i cani, in particolare per il pastore tedesco. «Non sapevo della sua morte – commenta dispiaciuto Giovanni De Pietri, titolare della tabaccheria in via Adua – eravamo vicini di attività e ci confrontavamo sulle questioni del quartiere. Non sempre eravamo d’accordo, ma le conversazioni erano sempre rispettose delle posizioni e delle idee altrui. Per Santa Croce è un grande vuoto: perdiamo infatti una storica imprenditrice del quartiere, oltre che residente». Una delle grandi battaglie “politiche” di Nadia Borghi riguardò il muro di viale Ramazzini, ma fu per la raccolta differenziata che in Municipio gli animi si surriscaldarono. Borghi sosteneva infatti che “il porta a porta”, che il Comune, sulla scia nazionale, avrebbe a breve introdotto, sarebbe stato molto svantaggioso per il proprio quartiere, frequentato (già allora) da persone poco rispettose delle regole.

Le sue critiche, come riportò in quei giorni proprio la Gazzetta di Reggio, non risparmiarono nessuno: «È chiaro – disse ormai 17 anni fa Nadia Borghi – che il Comune ha paura e non vuole affrontare un referendum da cui sa che uscirebbe perdente. Faremo tutti i ricorsi necessari, perché riteniamo di essere stati privati di un diritto». Erano infatti state raccolte quattromila firme ma il sindaco Delrio aveva revocato, dopo un’iniziale apertura, il referendum che avrebbe avuto l’obiettivo di bloccare l’introduzione della raccolta differenziata porta a porta. In Comune, quel giorno per certi versi storico, non era andata per il sottile: «La Sala del Tricolore – disse in riferimento alla classe politica presente – è prima nostra che loro. Se i consiglieri stanno lì è perché noi li abbiamo eletti. A questo punto, evidentemente, è anche giunta l’ora di rispedirli a casa». Parole che testimoniano al meglio il carattere di Nadia. Cinque anni dopo, nel 2012, rincarò la dose per le “montagne di rifiuti” ai lati delle strade: «La situazione che siamo costretti ad accettare non è neanche da terzo mondo – disse –. Il motivo è semplice: dopo un certo orario non si esce di casa, per paura di fare brutti incontri, e quindi non si può rispettare il calendario della consegna dei rifiuti». Nel 2009, la donna tentò, mossa da contatti e legami che aveva creato («La lavanderia era diventata una piccola sede di partito» dice a proposito il tabaccaio De Pietri) la scalata politica, candidandosi come consigliera comunale per l’Udc, capeggiata da Antonella Spaggiari. Andò male, e da quel momento il suo impegno per le sorti del quartiere e della città si ridusse gradualmente. Nadia Borghi lascia nel dolore il fratello Athos e tutti quelli che l’hanno conosciuta in questi anni.  © RIPRODUZIONE RISERVATA