Gazzetta di Reggio

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L’educatore spirituale dimostra «un interesse verso le ragazzine»

L’educatore spirituale dimostra «un interesse verso le ragazzine»

Violenza sessuale «Il pericolo che lo rifaccia non è limitato alla 14enne»

03 maggio 2024
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i Ambra Prati

Reggio Emilia «L’indagato dimostra un interesse verso le ragazzine di giovanissima età, non limitato alla 14enne». È pesante come un macigno la motivazione con la quale il tribunale del Riesame d’Appello di Bologna motiva la necessità di mettere dietro le sbarre l’educatore spirituale di 52 anni, che tuttavia resta ai domiciliari: l’ordinanza è sospesa finché non diventerà definitiva e la difesa (avvocato Liborio Cataliotti) ha già preannunciato che ricorrerà in Cassazione.

Parliamo del 52enne (ex educatore ed ex insegnante di religione nelle scuole superiori, sospeso da ogni incarico nel giugno scorso) accusato di aver avuto numerosi rapporti sessuali con una minorenne a lui affidata: la prima volta durante un ritiro di preghiera in vista della Pasqua a Viserbella di Rimini. Il reato contestato è violenza sessuale con l’aggravante dell’età della ragazzina e del ruolo che ricopriva, tanto che il reggiano rischia una pena che va dai 6 ai 12 anni.

L’indagine è scattata nel maggio 2023 quando la sorella maggiore ha scoperto sul telefonino una chat inequivocabile ed è diventata pubblica il 19 agosto 2023, quando l’uomo è stato arrestato. Una vicenda che ha fatto scalpore, sia per il ruolo, sia per l’ambiente religioso e sia per le dichiarazioni dell’interessato, che durante l’interrogatorio di garanzia si è difeso negando con forza solo la violenza: si sarebbe trattato di rapporti sessuali consenzienti, a suo avviso la ragazzina lo avrebbe sedotto e lui avrebbe ceduto dopo quindici anni di castità.

La battaglia legale è stata combattutissima già nella fase preliminare (le indagini sono chiuse, ma il processo non è ancora iniziato), arrivando ai tre gradi di giudizio unicamente sulla misura cautelare. La difesa ha chiesto per tre volte gli arresti domiciliari in Veneto, ottenuti il 27 gennaio scorso; e per altrettante volte si è opposta il pm Maria Rita Pantani, che in Appello ha visto la conferma del carcere, sebbene “congelata”.

Le motivazioni dell’Appello, presieduto da Gianluca Petragnani Pelosi, sono state depositate lunedì scorso e contengono parecchi rilievi. Anzitutto le dichiarazioni della sorella maggiore, che ha parlato di un’ambiguità dell’ex educatore nei suoi confronti, prima di spostare l’attenzione sulla più piccola: «Conosco l’indagato da almeno cinque anni. Ha sempre avuto un atteggiamento ambiguo che consisteva nell’invitarmi fuori a cena, a pranzo, a studiare insieme o a fare passeggiate. Non ha mai sorpassato il limite con me, nel senso che non ha mai allungato la mano. Conosco altre ragazzine che hanno avuto delle relazioni con lui, come la mia, tutte comprese tra i 13 e i 18 anni».

Con le minorenni più fragili come la 14enne, invece, il 52enne bruciava le tappe, passando da una mano afferrata a rapporti sessuali tra l’altro non protetti, continuando nella relazione clandestina prima e dopo la “vacanzina” e perseverando nel contattare la 14enne, anche tramite falsi profili social, sino al giorno prima dell’arresto.

Secondo i giudici di Bologna «l’appello è fondato e dev’essere accolto», come stabilito dal tribunale di Reggio «che si è ripetutamente pronunciato». Nonostante il tempo trascorso, per i giudici il quadro è immutato: la terapia intrapresa dall’indagato nulla dice «su eventuali progressi» (a differenza della minore, seguita insieme ai genitori, che ha acquisito consapevolezza pur accusando «instabilità emotiva»); tuttora «c’è un concreto pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione specifica»; non c’è «un comprovato e definitivo distacco della minore dall’influenza dell’indagato».

Soprattutto «è impossibile circoscrivere il pericolo reiterativo alla sola 14enne, alla luce di quanto emerso dalle indagini e dalla testimonianza della sorella». Gli «approcci quantomeno inappropriati» e le «condotte delittuose analoghe» indicano «la mancanza di autocontrollo, la pervicacia e la spregiudicatezza» mostrate dall’adulto, che ha «trovato un freno solo nella carcerazione». I domiciliari non sono sufficienti perché il 52enne vive da solo e senza braccialetto elettronico, né i carabinieri hanno la possibilità di controllare ogni giorno il traffico telefonico o informatico. Serve «il ripristino del carcere», che tuttavia resta sospeso. l