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L’artista che dipinge i negozi sfitti: «Reggio Emilia quella messa peggio»

Nicolò Valli
L’artista che dipinge i negozi sfitti: «Reggio Emilia quella messa peggio»

Freak of Nature un anno fa segnò i 165 locali vuoti del centro storico

21 aprile 2024
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Reggio Emilia «Chiamatemi Freak». Non vuole fornire le sue generalità come persona, ma solo come artista. Lei, che giusto un anno fa accompagnata da quattro collaboratori fece tappa a Reggio decorando le vetrine di 165 negozi sfitti in centro storico, lasciando traccia del suo passaggio con l’immagine della canna di bambù affiancata dal numero dello spazio lasciato in abbandono, è tornata in città. Sabato 20 aprile, a dodici mesi di distanza, Freak of Nature è stata ospite di ARTyou, lo spazio culturale di via Gazzata è stata allestita la mostra “Gli sfitti” del fotografo Gianni Marconi che ha offerto il suo sguardo su un fenomeno così esteso da rappresentare «una svolta epocale» come lui stesso ha affermato.

Tra letture di Italo Calvino e ballate suonate con la chitarra, ieri la scena se l’è presa lei, decorando (o imbrattando, come qualcuno sostiene) la vetrina dello spazio culturale. La scritta, in questo caso, non era incentrata sugli sfitti ma sull’esatto contrario. “Non sfitto 01” campeggia ora da quelle parti. Un segno di speranza in una zona, quella del centro storico, sempre meno popolata e abitata.

Cosa ne pensa di questa mostra fotografica dedicata ai negozi sfitti?

«Sono rassicurata dal fatto che ci siano altre persone con una visione simile alla mia. Questo è un luogo privato in cui è possibile far vivere maggiormente la città: è così che dovrebbe essere».

Come andò la spedizione in terra reggiana?

«Era il 24 aprile del 2023. Devo ammettere che delle 22 città in cui ho lavorato Reggio è tra quelle messe peggio in quanto a locali sfitti. Iniziammo di giorno, cominciando a fare domande e facendoci un’idea della reale situazione del centro storico. Lo scenario era alquanto desolante».

A cosa fa riferimento?

«Tanti spazi culturali come librerie chiuse, piuttosto che banche in stato di abbandono. C’è un mondo di spazi lasciati a se stessi».

Ha detto che Reggio ha rappresentato l’unica tappa in cui è stata fermata dalle forze dell’ordine.

«Sì, mi hanno fermato e io ho spiegato loro quale fosse la mia attività. Mi hanno fatto un verbale, ma la cosa è rimasta lì».

Cosa rappresenta l’immagine di bambù che lascia sui negozi?

«Il bambù è un simbolo. Stiamo parlando di una pianta resistente e allo stesso tempo difficilmente sradicabile: vuol dire che se le persone non si occupano del loro territorio, lo farà la natura».

Qualcuno la giudica un’imbrattatrice: come risponde?

«Capisco che il mio agire sia fuori dagli schemi, ma questi colori possono essere cancellati veramente in modo veloce. Faccio leva sul senso di comunità e il mio messaggio è questo: non ti offendere per il tuo negozio, ma cerca di ragionare sul fatto che tanti siete in questa situazione».

Conferma che la sua è un’attività puramente artistica e non politica?

«Io sono un’artista, ben venga essere usata dalle istituzioni se serve per fare luce su questa tematica che considero importante. La critica è negli occhi di chi guarda ma da queste parti, come in altre città, si potrebbe fare molto di più. Qui non si sta parlando di destra o sinistra».

È preoccupata per il futuro?

«Sono nella fase calante della preoccupazione ma non mi rassegno, altrimenti non combatterei neanche. È difficile smuovere gli animi, ma l’arte può rappresentare l’inizio di un cambiamento, come è stato per millenni».