Gazzetta di Reggio

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La sentenza della Corte d’Appello di Bologna

Uccise il padre e tentò l’omicidio della madre: pena confermata per Marco Eletti


	A sinistra la vittima Paolo Eletti, accanto il figlio Marco condannato per l'omicidio
A sinistra la vittima Paolo Eletti, accanto il figlio Marco condannato per l'omicidio

San Martino in Rio: la sentenza di secondo grado conferma i 24 anni e due mesi per il 33enne

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San Martino in Rio La corte d’Appello di Bologna ha confermato la condanna di primo grado: 24 anni e due mesi a Marco Eletti, per l’omicidio premeditato del padre Paolo, 58 anni, e per il tentato omicidio della madre Sabrina Guidetti. Rigettando i ricorsi di accusa e difesa. 

La sentenza di primo grado era stata pronunciata nel febbraio del 2023.  L’accusa aveva proposto il massimo della pena (ergastolo con 18 mesi di isolamento), invece la Corte d’Assise presieduta dal giudice Cristina Beretti a latere Matteo Gambarati aveva comminato il minimo a Marco Eletti, 33 anni. Era stato condannato a 24 anni e 2 mesi di reclusione per l’omicidio premeditato del padre, il tentato omicidio della madre e per importazione di sostanze psicotrope (lo Zolpidem dall’Olanda ordinato online), assolto dal quarto reato di falsità materiale «per aver contraffatto certificati medici e veterinari».

Il delitto

Il 24 aprile 2021 a San Martino in Rio nell’abitazione di famiglia il 33enne grafico con aspirazioni letterarie dapprima ha stordito la madre con una massiccia dose di benzodiazepine (Sabrina Guidetti è sopravvissuta per miracolo, risvegliandosi dopo tre mesi di coma) poi ha massacrato a martellate il padre Paolo Eletti, 58 anni. Il quadro accusatorio era pesantissimo. Omicidio pluriaggravato con tre aggravanti: la premeditazione, i futili motivi (legati al movente, per l’accusa la vendita della villa) e l’utilizzo del metodo venefico, mentre la quarta aggravante (della parentela) era caduta in sede di udienza di preliminare, quando l’esame del Dna ha accertato che Paolo Eletti non era il padre naturale di Marco.

Alla fine la Corte d’Assise aveva escluso i futili motivi e il metodo venefico: era rimasta in piedi la sola premeditazione. Il riconoscimento delle attenuanti generiche aveva fatto il resto, facendo calare di parecchio il computo della pena: da 30 anni a 24.

La battaglia legale si era snodata sulle aggravanti (capaci, da sole, da portare dritto all’ergastolo) e sulla concessione delle attenuanti generiche (che d’abitudine non si negano a un incensurato), ma alle quali l’accusa si era opposta fieramente).