Gazzetta di Reggio

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L’assaggiatore Simone Ficarelli: «Nel valutare il Parmigiano mi baso su parametri oggettivi»

Francesca Maccari e Alessia Sisigna*
L’assaggiatore Simone Ficarelli: «Nel valutare il Parmigiano mi baso su parametri oggettivi»

«La cosa bella del mio lavoro è che mi permette di vedere che cosa il Parmigiano Reggiano rappresenta nel mondo, come le persone lo apprezzano e come questa cultura stia crescendo»

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«Quando sono andato in Giappone nel 1998 nessuno voleva assaggiare il Parmigiano Reggiano erano molto diffidenti e avevano paura di provare gusti nuovi. Adesso, invece, i giapponesi sono grandissimi appassionati: distinguono addirittura le razze bovine, le stagionature. La cosa bella del mio lavoro è che mi permette di vedere che cosa il Parmigiano Reggiano rappresenta nel mondo, come le persone lo apprezzano e come questa cultura stia crescendo». Così il maestro assaggiatore Simone Ficarelli, che lavora nell’international marketing office del Consorzio.

Qual è l’importanza del mestiere di assaggiatore e come ha iniziato?

«Il lavoro di assaggiatore è fondamentale. Nel 2006 abbiamo creato APR, Associazione Assaggiatori Parmigiano Reggiano, i sommelier del Parmigiano Reggiano, e chi come me si occupava di attività di marketing, non poteva prescindere da questo tipo di formazione. Per cui dal mio punto di vista è stata una necessità ma, devo dire, anche una volontà. È un’esperienza che mi è piaciuta e che ho fatto molto volentieri».

Esiste un percorso di studi per diventare assaggiatore?

«Sì, il corso della APR, che prevede due livelli: il primo di sette lezioni con un esame finale che ti dà la qualifica di assaggiatore in primo livello; superato quello, si ha la possibilità di frequentare un altro corso per diventare un assaggiatore di secondo livello. Noi abbiamo creato un nome per questa figura che è quella del Parmelier, incrocio tra sommelier e Parmigiano. Quindi chi supera l’esame di secondo livello è Parmelier Gold».

Abbiamo visto che di recente è andato a Tokyo per una cena inaugurale della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, dal titolo “La Food Valley italiana incontra il Giappone”. Com'è andata?

«Ho dovuto tagliare una forma con il presidente della regione Stefano Bonaccini: era molto fredda e avevo paura che potessero scapparmi i coltelli, invece è andata bene e non ho danneggiato il presidente…è già qualcosa! (ride, ndr). Ma soprattutto, scherzi a parte, è stato bellissimo vedere come il “sistema” dell’Emilia-Romagna abbia un impatto fantastico sulle persone: noi, a volte, diamo per scontato prodotti come il Parmigiano Reggiano e l’aceto balsamico tradizionale o che le più grandi automobili apprezzate in tutto il mondo -Ferrari, Maserati, Lamborghini, Ducati - siano fatte qui. Quindi credo che il valore dell’Emilia-Romagna si rifletta non solo sul cibo ma anche su altri prodotti e quando ci si presenta tutti insieme si capisce veramente la forza di una Regione come la nostra».

Dei 292 caseifici che aderiscono al Consorzio, secondo lei quali fanno il Parmigiano Reggiano più buono?

«Non voglio dare una risposta diplomatica, ma il nostro formaggio è fatto di latte crudo, di batteri lattici, che sono diversi da zona a zona e da giorno a giorno. Quindi nello stesso caseificio, lo stesso giorno, in due caldaie diverse possono essere prodotte una forma strepitosa e un’altra che verrà dequalificata. Se un caseificio ha uno stile che mi piace di più, non è detto che tutte le volte il suo formaggio mi soddisfi. Inoltre, quello che noi assaggiatori andiamo a fare non è dire se il formaggio è buono perché questa è una cosa soggettiva. Noi dobbiamo stabilire se il formaggio è idoneo a livello di struttura e di gusto e questi sono parametri oggettivi su cui tutti gli assaggiatori devono essere d’accordo».

Cosa le piace di più del suo lavoro?

«Il formaggio, che non mi stanca mai! Mi piace poter entrare nei caseifici, parlare con i produttori, con gli allevatori. Mi piace quando ogni persona mi racconta l’amore che ha per il Parmigiano Reggiano, che sia uno chef o un comune consumatore. Infine mi piace promuovere e rappresentare valori in cui credo perché questo prodotto è qualcosa di unico ed eccezionale. Sentire il prodotto sotto la pelle ti fa dare il 150% quando parli di Parmigiano Reggiano».

*Studentesse del Motti