Soccorso alpino, il nuovo capostazione alla Monte Cusna è Flavio Tripi
Cambio al vertice dopo 9 anni: «In montagna serve prudenza. Cellulari muti: un grave problema»
i Miriam Figliuolo
Ventasso Vive a Cinquecerri, ha maturato 15 anni di esperienza come volontario nel Corpo nazionale Soccorso alpino e speleologico e, dopo anni di formazione, oltre alla qualifica di tecnico territoriale, è autorizzato a operare anche a bordo dell’elisoccorso. Si chiama Flavio Tripi, ha 39 anni e di professione è capo sommelier al noto ristorante “Ca’ Matilde”. Da gennaio è subentrato a Luca Pezzi come capostazione alla Monte Cusna. Negli ultimi nove anni ne è stato uno dei vice.
Parlando dell’escursionista 71enne per il quale martedì, a Succiso, i soccorsi si sono mobilitati diverse ore, dice: «Di fronte a certi imprevisti in montagna, dove le condizioni sono soggette a molte variabili, un escursionista esperto deve sapersi fermare e tornare indietro. La valutazione fa parte del bagaglio di competenze».
Lanciare l’allarme però è stato corretto. Perché?
«La persona era esperta e ben equipaggiata, ma con qualche problema di salute. Avrebbe dovuto rientrare lunedì sera, giorno di Pasquetta. Cosa che non è avvenuta. Moglie e figlio erano preoccupati e anche noi, all’inizio, lo eravamo. Premesse del genere, se sottovalutate, possono portare a problemi seri».
Questa persona non è stata prudente?
«In generale lo è stato. È stato avveduto anche a decidere, viste le condizioni del meteo, di fermarsi e pernottare al rifugio Città di Sarzana la sera di Pasquetta, per poi ripartire subito l’indomani per il rientro. L’unica scelta discutibile è stata guadare il torrente, lunedì all’andata, durante la salita al rifugio, quando ha trovato il ponte inagibile: l’acqua arrivava di certo a mezza gamba. Al rientro (martedì mattina quando tutti lo davano per disperso, ndr), invece, ha deciso di aggirare l’ostacolo imboccando altri sentieri. Il problema grosso è stata la mancanza di copertura telefonica. Un grave problema anche per la gestione dei soccorsi e della ricerca persone».
Come lo aggirate?
«Durante gli interventi, siamo tenuti a comunicare via radio. Utilizziamo strumentazioni specifiche: il sistema prevede l’invio di messaggi all’utente da soccorrere o raggiungere – che prima di tutto deve dare l’ok per questione di privacy – fino a quando non riusciamo a localizzarlo, con una certa approssimazione, considerando il contesto di montagna. Avendo un’idea di dove si trova, partiamo con uomini e mezzi per avvicinarci. Funziona però solo se dall’altra parte la persona, prima di tutto, è cosciente, e poi se ha il cellulare e può usarlo. Altrimenti le cose si fanno molto più complicate».
Quante richieste di intervento avete avuto a Pasqua?
«Non molte, in realtà. Nonostante le festività, ha inciso il meteo: c’era vento ed era coperto. È diverso quando il tempo è bello e ci sono più visitatori, come è successo la domenica precedente, quando abbiamo avuto tre interventi, tutti però per incidenti: una caduta da cavallo, una da una ferrata... Cose che possono capitare, anche ai più esperti».
La situazione più difficile che le è capitato di affrontare?
«Le condizioni peggiori sono quelle tempo-dipendenti, dovute a valanghe per esempio, in cui ci sono i minuti contati per riuscire a tirare fuori da lì una persona. O con il brutto tempo, in cui è fondamentale recuperare le persone il prima possibile e spesso l’intervento si protrae per molte ore».
Quanta parte ha la superficialità e l’inesperienza nel rischio che si corre in montagna? E quanta l’imprevedibilità di eventi estremi?
«Incidono entrambi, anche se spesso è la mancata preparazione a pesare di più. Il presupposto è che in montagna il rischio zero non esiste. Si può però ridurre con una buona programmazione prima ancora di partire. Scegliendo di non avventurarsi in posti esposti a condizioni rischiose. E valutando le nostre stesse condizioni fisiche».
Le tre principali cose per affrontare in sicurezza un’escursione in montagna?
«Abbigliamento adeguato, a partire dalle calzature (vediamo ancora tanti escursionisti in ciabatte) fino alla giacca a vento e ricambi per eventuali modifiche del meteo, e cibo e acqua a sufficienza. La valutazione del percorso che si intende fare: molti ancora si avventurano senza averne un’idea. E il controllo delle previsioni meteo, soprattutto d’inverno, ma non solo». l