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L’intervista

Erika Sartori, allevatrice 4.0: «Mungitura meccanizzata e fecondazione artificiale»

Giorgia Scerrino e Sofia Mariotti*
Erika Sartori, allevatrice 4.0: «Mungitura meccanizzata e fecondazione artificiale»

Ogni anno le vacche della sua azienda Due Querce producono 15mila litri di latte che vengono conferiti alla latteria sociale Villa Curta per la produzione di Parmigiano Reggiano

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Imprenditrice agricola e amministratrice dell’azienda Due Querce, oltre che membro del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Erika Sartori gestisce insieme al marito circa 300 vacche di razza Frisona che arrivano a produrre 15mila litri di latte all’anno e vengono poi conferiti alla latteria sociale Villa Curta per la produzione di Parmigiano Reggiano.

Quali sono le principali sfide che affronta nell’allevare le vacche?

«La sfida principale è quella di relazionarsi con il clima: pioggia e periodi di aridità vanno ad incidere sulle colture che servono per l’alimentazione delle mie bovine. Il nostro lavoro è all’aperto, non abbiamo nulla che possiamo regolamentare a nostra scelta, quindi le temperature vanno ad incidere anche sulla vita quotidiana dell’animale e delle colture che abbiamo nei campi».

Quanto vive di media una vacca?

«Dipende, vi sono diverse longevità. Alcune possono arrivare a 10 anni e altre muoiono ancora vitelle per diverse cause».

Come affronta le questioni legate alla salute degli animali?

«Insieme al nostro veterinario, per prevenire alcuni tipi di influenze usiamo la profilassi. Prevenire è meglio che curare, perché intervenire dopo può anche essere troppo tardi. Se riscontriamo casi critici interveniamo direttamente sull’animale ma siamo contro l’accanimento terapeutico, che riteniamo controproducente per tutti».

Come gestisce la nutrizione del bestiame?

«Noi abbiamo un piano di alimentazione, una razione che viene concordata con un alimentarista che ci segue nelle somministrazioni di quelli che sono i quantitativi di farina e di fienagione che possiamo utilizzare nell’alimentazione della bovina. Questo sempre nell’ottica del rispetto del Disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano perché il nostro punto di riferimento sono le regole scritte al suo interno che poi noi andiamo a tradurre nel dare vita a questa razione per i nostri capi».

Gli animali possono stare a stretto contatto tra di loro?

«Gli animali vivono a contatto tra di loro perché le nostre vacche sono a stabulazione libera con cuccette, quindi hanno i loro spazi predisposti e devono avere un ambiente dove venga garantito il loro benessere».

Come si svolge la mungitura?

«La nostra mungitura è tutta meccanizzata, non abbiamo i robot ma una sala che ha 12 posti per le vacche: è fatta a spina di pesce. Sono tre i mungitori che si occupano di questa mansione».

Quali sono i progetti futuri per migliorare la vostra attività?

«Di progetti ne abbiamo sempre tanti ma i primi sono gli investimenti per i terreni per garantire il fabbisogno di foraggi. Ad oggi abbiamo un 90% di autonomia completa e il restante 10% dobbiamo comprarli da un nostro vicino. Inoltre per mantenere adeguato l'ambiente dove vivono le vacche, ovvero la stalla, gli ultimi investimenti sono stati per la sala di mungitura e la zona delle bovine in asciutta. Vorremmo inoltre fare degli interventi come per esempio sostituire le coperture attuali con pannelli fotovoltaici per avere una buona autonomia per la produzione di energia autoprodotta e diminuire così le spese».

Quali sono le soddisfazioni più grandi che trae dal suo lavoro?

«Per me le soddisfazioni sono quotidiane. Inizialmente non pensavo che questo lavoro fosse così ampio e che richiedesse così tante competenze, ma nel corso degli anni me ne sono resa conto. È un mondo molto vasto da cui si impara ogni giorno, specialmente negli ultimi anni, avendo subito una grande evoluzione. Ad esempio, bisogna sapere come gestire la mandria in modo più approfondito di quanto poteva essere in passato: non si può lasciare nulla al caso».

Come gestisce la riproduzione e l’alterazione genetica nel suo allevamento?

«Mio marito è l’esperto in questo campo perciò è lui che se ne occupa. Lui segue, insieme al veterinario, i piani di accoppiamento e sceglie, in base alla genetica, su quali tori fare più affidamento».

*Studentesse dell’istituto Motti

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