Opera Caffè “casa” degli studenti «Qui le persone sono importanti»
A tu per tu con il barista reggiano Stefano Frignani
Stefano Frignani è barista da 30 anni e da 12 anni gestisce, nel centro storico di Reggio Emilia, il bar “Opera Caffè”, molto frequentato da tanti studenti e professori. Un ambiente casalingo in cui rilassarsi in compagnia, sentendosi a casa. Grazie al suo essere socievole, paziente e sempre pronto a mettere a proprio agio ogni cliente, ha saputo incuriosire molti ragazzi del liceo “Gaetano Chierici”.
Gli abbiamo posto varie domande per conoscere meglio lui e i segreti sul suo lavoro.
Come fa ad essere sempre gioioso in quello che fa?
«Perché amo quel che faccio, l’ho scelto io. Ho anche la fortuna di farlo in compagnia di mia moglie Lara, circondato da uno staff con cui mi trovo molto bene. Inoltre il fatto di lavorare autonomamente, di dover essere io a decidere, che è stato nelle mie corde fin da subito, mi permette di lavorare con leggerezza».
Sono tanti gli studenti che vengono al suo bar, com’è stare a contatto con loro?
«È una cosa fantastica. Ho avuto tre bar prima di questo, anche se con una clientela diversa. È da 12 anni che lavoro qui e stare a contatto con i ragazzi mi aiuta a rimanere giovane e ad avere una mentalità più aperta. Io do molto agli studenti e ricevo sempre tanto in cambio. I giovani sono la mia clientela preferita».
Si è mai scontrato con situazioni inopportune sul lavoro? Se sì, quali?
«Si, ne ho avute ma non me ne sono capitate tante, ne ricordo due in particolare. Una volta è arrivato un cliente ubriaco, pretendeva che io gli dessi altro da bere, ovviamente non ho acconsentito alle sue richieste e questo lo ha fatto arrabbiare. Io sono rimasto fermo sulla mia posizione perché noi baristi abbiamo l’obbligo di mantenere l’ordine. Dandogli da bere avrei potuto avere delle grane, allora gli ho detto che avrei chiamato le forze dell’ordine e lui se ne è andato. In un altro caso c’era un gruppo di stranieri che cercava di importunare i miei clienti e io li ho allontanati con i dovuti modi».
Come è arrivato a fare questo mestiere?
«Ci sono arrivato un po’ per caso, devo dare quasi tutto il merito a Lara, che è anche la mia spalla sul lavoro. Prima di fare il barista lavoravo in ufficio e lei ha saputo riconoscere in me una qualità: quella di sapermi relazionare bene con le persone. Così mi ha spinto a provare a fare questo mestiere ed abbiamo cominciato così, un po’ per caso. Subito abbiamo avuto la conferma che, lavorare con il pubblico, era effettivamente nel mio dna».
Come fa a gestire lo stress correlato al lavoro di barista?
«Diciamo che devi essere bravo a gestire quello accumulato. Penso che ormai, dopo tanti anni, noi abbiamo trovato la ricetta vincente, ritagliandoci dei momenti alternativi al lavoro. Spendo molte energie nelle ore al bar poi però, quando stacco, lo faccio in tutti i sensi. Cerco insomma di non portarmi casa il lavoro e di dedicarmi alle altre mie passioni: ho una bellissima famiglia e trovo sempre anche tante altre cose da fare».
In che modo riesce a far sentire tutti a proprio agio nel suo locale? Ha qualche tecnica?
«Essenzialmente bisogna essere molto disponibili verso la gente e saper leggere la persona che hai di fronte. Questo è ciò che cerchiamo di fare, così da cercare di mettere tutti a proprio agio: abbiamo sempre avuto questa empatia. Noi, per il nostro locale, abbiamo sempre scelto un profilo abbastanza popolare e con il tempo abbiamo imparato a capire cosa vuole – e come vuole essere trattato – ciascun cliente. C'è chi ama sentirsi importante, chi ha bisogno di sfogarsi e voglia di scambiare due parole e c’è anche chi è riservato. Abbiamo sempre cercato di costruire un rapporto umano con tutti».l
Nick Cento
Cecilia Giorgini
Martina Santangelo
Studentesse del liceo Chierici
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